(segue) Discorso di Trieste
(20 settembre 1920)
[Inizio scritto]

      Quella gente si vergogna per esempio se gli emigranti italiani distribuiscono qualche generosa coltellata: ma tutto questo è un modo molto brillante di dimostrare che gli italiani non sono vigliacchi né rammolliti e che hanno il mezzo di difendere l'italianità quando i consoli non sanno difenderla. Ora noi rivendichiamo l'onore di essere italiani perché nella nostra penisola meravigliosa e adorabile — adorabile benché ci siano degli abitatori non sempre adorabili — s'è svolta la storia più prodigiosa e meravigliosa del genere umano. Pensate voi a un uomo che stia pure nel lontano Giappone o nell'America dei dollari o in qualche altro sito anche recondito pensate se quest'uomo possa essere civile senza conoscere la storia di Roma. Non è possibile.
      Roma è il nome che riempie tutta la storia per venti secoli. Roma dà il segnale della civiltà universale; Roma che traccia strade segna confini e che dà al mondo le leggi eterne dell'immutabile suo diritto. Ma se questo è stato il compito universale di Roma nell'antichità ecco che dobbiamo assolvere ancora un altro compito universale. Questo destino non può diventare universale se non si trapianta nel terreno di Roma. Attraverso il cristianesimo Roma trova la sua forma e trova il modo di reggersi nel mondo. Ecco Roma che ritorna ancora una volta centro dell'impero universale che parla la sua lingua. Pensate che il compito di Roma non è finito no perché la storia italiana del medioevo la storia più brillante di Venezia che regna per 10 secoli che porta le sue galee in tutti i mari che ha ambasciate e governi governi di cui oggi si è perduta la semente non si è chiusa. La storia dei comuni italiani è una storia piena di prodigi piena di grandezza di nobiltà. Andate a Venezia a Pisa ad Amalfi a Genova a Firenze e voi troverete là sui palazzi nelle strade il segno l'impronta di questa nostra meravigliosa e non ancora marcita civiltà.

(segue...)