(segue) Discorso di Trieste
(20 settembre 1920)
[Inizio scritto]
Quando al secondo pilastro del
fascismo esso significa antidemagogia e pragmatismo. Non abbiamo
nessun preconcetto
non ideali fissi e soprattutto non orgoglio
sciocco. Coloro che dicono: «Siete infelici
eccovi la ricetta
per la felicità»
mi fanno venire a mente la reclame:
«Volete la salute?». Noi non promettiamo agli uomini
felicità qui né al di là
a differenza dei
socialisti
che pretenderebbero di mascherare la faccia dei
Mediterranei con la maschera russa.
Una volta c'erano i cortigiani
che bruciavano incenso davanti ai re e ai papi
e ora
c'è una
nuova genia che brucia incenso
senza sincerità
davanti al
proletariato. Dicono: solo chi ha l'Italia nelle mani ha diritto di
governare
e magari costoro non sanno governare nemmeno la propria
famiglia. Noi no. Noi teniamo altro linguaggio
molto più
serio e spregiudicato e più degno di uomini liberi. Noi non
escludiamo che il proletariato sia capace di sostituire altri valori
ma diciamo al proletariato: prima di pretendere di governare una
nazione incomincia col governare te stesso: comincia a rendertene
degno
tecnicamente
e prima ancora moralmente
perché
governare è cosa tremendamente complessa
difficile e
complicata (applausi). La nazione ha milioni e milioni d'individui i
cui interessi contrastano
e non ci sono esseri superiori che possano
conciliare tutte queste contrarietà per fare una unità
di progressi e di vita.
D'altra parte noi non siamo
passatisti assolutamente legati ai sassi e alle macerie. Nelle città
moderne tutto deve trasformarsi. Ai trams
alle automobili
ai
motori
le vecchie strade delle nostre città non resistono
più. Poiché in esse passa il flutto della civiltà.
Si può distruggere per ricreare il più bello
grande e
nuovo
ma mai distruggere col gusto del selvaggio che spezza una
macchina per vedere che cosa c'è dentro. Non ci rifiutiamo a
modificazioni anche nella città dello spirito
appunto perché
lo spirito è delicato. A me non ripugna nessuna trasformazione
sociale necessaria. Così accetto questo famoso controllo delle
fabbriche e anche la gestione cooperativa sociale delle fabbriche
ma
semplicemente chiedo che si abbia la coscienza morale pulita
la
capacità tecnica per mandare avanti le aziende; chiedo che
queste aziende producano di più
e se ciò mi è
garantito dalle maestranze operaie e non più padronali
non ho
difficoltà a dire che gli ultimi hanno il diritto di
sostituire i primi.
(segue...)
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