(segue) Ciò che rimane e ciò che verrà
(13 novembre 1920)
[Inizio scritto]
Quanto alla Dalmazia noi
dissentiamo nettamente dai nazionalisti romani. Questo equivoco fra
nazionalismo e fascismo — sorto in taluni centri — deve
cessare. I nazionalisti
come tutti i buoni partitanti legati a un
sistema mentale rigidamente immutabile
biascicano le giaculatorie
strategiche del 1914 (i socialisti quelle economistiche!)
come se da
allora ad oggi
niente di cambiato ci fosse sul mondo. Inoltre
il
nazionalismo romano è imperialista
mentre noi siamo
espansionisti; è pregiudizialmente monarchico
anzi
dinastico
mentre noi
al disopra della monarchia e della dinastia
mettiamo la nazione.
La lunga serie di punti
interrogativi con cui nell'Idea Nazionale si passano in rassegna
tutte le isole e gli scogli dell'Adriatico
ognuno dei quali
celerebbe un'insidia di guerra e di rovina per l'Italia
ci dà
un invincibile senso di anacronismo. Ci accorgiamo sempre più
che dalla prova tremenda della guerra
un solo movimento spirituale e
politico è uscito
che sia libero nei suoi movimenti
spregiudicato ed elastico
ed è il fascismo. Tutto il resto è
tritume di mentalità dogmatiche.
Terzo dato di fatto è
questo: che gli italiani non devono ipnotizzarsi nell'Adriatico o in
alcune isole o sponde dell'Adriatico. C'è anche — se non
ci inganniamo — un vasto mare di cui l'Adriatico è un
modesto golfo e che si chiama il Mediterraneo
nel quale le
possibilità vive dell'espansione italiana sono fortissime.
Ultima e super-lapalissiana
constatazione: se per cause interne o esterne
per colpa dei
massimalisti o dei militaristi l'Italia va al disastro
il disastro
colpirà tutti
socialisti e non socialisti e soprattutto gli
italiani che attendono ancora la redenzione. Ciò dev'essere
chiaro soprattutto ai dalmati.
Stabiliti questi dati di fatto e
molti altri d'ordine secondario che si potrebbero aggiungere
veniamo
alla redenzione della Dalmazia.
(segue...)
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