(segue) Discorso di Bologna
(3 aprile 1921)
[Inizio scritto]

      Allora io uscii all'indomani con un articolo che fece una certa impressione anche ad alcuni amici. Era intitolato: «Contro il ritorno della bestia trionfante». Era un articolo in cui si diceva: noi siamo disposti a convertire le piazze delle città d'Italia in tante trincee munite di reticolati per vincere la nostra battaglia per dare l'ultima battaglia contro questo nemico interno. E la battaglia disfattista iniziatasi con quella parata continuò per tutta l'estate quando fu rimestata fino alla nausea quella inchiesta sul disastro di Caporetto che un ministro infame infamabile da infamarsi (morte a Nitti morte a Cagoia viva d'Annunzio applausi) aveva dato in pasto alla esasperazione ed ai giusti dolori di gran parte del popolo italiano.
      Anche allora noi fascisti avemmo il coraggio di difendere certe azioni che col misurino della morale corrente non sono forse difendibili. Ma o signori la guerra è come la rivoluzione: si accetta in blocco: non si può scendere al dettaglio: non si può e non si deve.
      Ma intanto questa campagna aveva le sue risultanze elettorali. Un milione e 850.000 elettori misero nell'urna la scheda con la falce e il martello: 156 deputati alla Camera. Pareva imminente la catastrofe. Io fui ripescato suicida nelle acque niente affatto limpide del vecchio Naviglio. Ma si dimenticava una cosa: si dimenticava il mio spirito tenacissimo e la mia volontà qualche volta indomabile. Io tutto orgoglioso dei miei quattromila voti e chi mi ha visto in quei giorni sa con quanta disinvoltura accettassi questo responso elettorale dissi: la battaglia continua! Perché io credevo fermamente che giorno sarebbe venuto in cui gli italiani si sarebbero vergognati delle elezioni del 16 novembre giorno sarebbe venuto in cui gli italiani non avrebbero più eletto in due città quell'ignobile disertore che io in questo momento non voglio nominare (applausi; morte a Misiano!). Tanto è vero che costui oggi essendo incapace di vivere nel dramma scende nella farsa e dopo avere disprezzato la guardia regia chiede a quella divisa la impunità e la salvezza.

(segue...)