(segue) Da che parte va il mondo ?
(25 febbraio 1922)
[Inizio scritto]
IV.
A questo punto
dopo
l'innegabile constatazione dell'orientamento a destra degli spiriti
un quesito s'impone e ci piace di formularlo nei termini seguenti: si
va a destra nel senso che vengono annullate tutte le esagerazioni
estremistiche dell'immediato dopo-guerra
o si va a destra nel senso
di una revisione di valori assai più vasta e radicale? È
il contenuto
il mito
la storia di due anni soltanto che è in
gioco
od è in gioco un secolo di storia
quello che comincia
dalla convocazione degli Stati Generali di Francia e finisce allo
scoppio della guerra mondiale nell'agosto del 1914?
L'orientamento a destra durerà
un paio d'anni come è durato quello di sinistra o durerà
ben più a lungo? Noi rispondiamo sì al secondo
interrogativo. Se il secolo XIX fu il secolo delle rivoluzioni
il
secolo XX appare come il secolo delle restaurazioni. I due anni
dell'immediato dopoguerra
in cui l'orientamento di sinistra
raggiunse il suo apice
sono gli ultimi anelli della catena forgiata
nel 1789 e che fu brevemente interrotta dalla Santa Alleanza nel
1815. Perché il conato della Santa Alleanza non riuscì
a soffocare completamente il moto suscitato nei popoli europei da
Napoleone? Perché il complesso delle ideologie
ottantanovesche
aveva allora degli elementi necessari e vitali
per
cui la fiamma spenta sulle pianure di Waterloo nel 1815
doveva
risplendere nel 1848. I regimi di sinistra quali furono instaurati in
tutta Europa tra il 1848 e il 1900 — a base di suffragio
universale e di legislazione sociale — hanno dato quello che
potevano dare. Il biennio 1919-1920 rappresenta l'ultimo filo della
matassa democratica elaborata durante un secolo. Di repubbliche ne
abbiamo un campionario; la democrazia ha realizzato tutti i suoi
postulati; il socialismo ha realizzato il programma minimo ed ha
rinunciato al massimo. È in questo momento che comincia il
processo al secolo della democrazia. È in questo momento che i
concetti e le categorie «democratiche» vengono sottoposte
alla critica più spietata di demolizione. Così si
appalesa che la giustizia democratica del suffragio universale è
la più clamorosa delle ingiustizie; che il governo di tutti —
ultima tuie dell'ideale democratico — conduce in realtà
al governo di nessuno; che l'elevazione delle masse non è
necessariamente una condizione sine qua non di progresso e che —
soprattutto — non è affatto dimostrato che il secolo
della democrazia debba preparare l'avvento al secolo del socialismo.
Questo processo politico è affiancato da un processo
filosofico: se è vero che la materia è rimasta per un
secolo sugli altari
oggi è lo spirito che ne prende il posto.
Conseguentemente vengono ripudiate tutte le manifestazioni peculiari
dello spirito democratico: il facilonismo
l'improvvisazione
la
mancanza di senso personale di responsabilità
l'esaltazione
del numero e di quella misteriosa divinità che si chiama
«popolo». Tutte le creazioni dello spirito — a
cominciare da quelle religiose — vengono al primo piano
mentre
nessuno osa più attardarsi nelle posizioni di
quell'anticlericalismo
che fu
per molti decenni
nel mondo
occidentale
l'occupazione preferita della democrazia. Quando si dice
che Dio ritorna
s'intende affermare che i valori dello spirito
ritornano. Nessuno crede più alla fatalità e alla
scientificità del socialismo. Il secolo della democrazia muore
nel 1919-1920. Muore colla guerra mondiale. Il secolo della
democrazia s'incorona fra il 1914 e il 1918 collo spaventoso
necessario e fatale trofeo di dieci milioni di morti. L'obbligo
universale della coscrizione non era dunque nel bagaglio delle
ideologie democratiche? La guerra mondiale ci appare così al
tempo istesso come l'epopea sacra e la bancarotta confusionaria
il
capolavoro e il fallimento
la vetta suprema e il precipizio senza
fondo del secolo della democrazia. L'enorme importanza storica della
guerra mondiale
è in ciò: che la guerra democratica
per eccellenza
quella che doveva realizzare per le Nazioni
e per le
classi gli immortali principi — oh famosi quattordici punti di
Wilson
oh melanconico tramonto del Profeta — la guerra della
democrazia
insomma
inizia il secolo dell'anti-democrazia. «Tutti»
è l'aggettivo principe della democrazia: la parola che ha
riempito di sé il secolo XIX. È tempo di dire: pochi ed
eletti. La democrazia agonizza in tutti i paesi del mondo: in alcuni
come in Russia
è stata uccisa; in altri subisce un processo
d'involuzione sempre più manifesto. Può darsi che nel
secolo XIX il capitalismo avesse bisogno della democrazia: oggi
può
farne a meno. La guerra è stata «rivoluzionaria»
nel senso che ha liquidato — tra fiumi di sangue — il
secolo della democrazia
il secolo del numero
delle maggioranze
della quantità. Il processo di restaurazione a destra è
già visibile nelle sue manifestazioni concrete. L'orgia
dell'indisciplina è cessata
gli entusiasmi per i miti sociali
e democratici sono finiti. La vita torna all'individuo. Una ripresa
classica è in atto. L'egualitarismo democratico anonimo e
grigio
che aveva bandito ogni colore e appiattita ogni personalità
sta
per morire. Nuove aristocrazie sorgono: ora che si è
dimostrato come qualmente le masse non possano essere protagoniste
della storia
ma strumento della storia. Dove arriverà questo
orientamento di destra
è impossibile
oggi
affermare: certo
molto lontano
se dobbiamo giudicare dagli inizi e dal come sono
precipitosamente crollati i cartacei castelli «demagogici»
del dopo-guerra mentre le nuove generazioni muovono all'assalto
impetuoso dei vecchi fortilizi. La rivoluzione è in questa
reazione. Rivoluzione di salvezza
perché evita all'Europa la
fine miseranda che l'attendeva
se la democrazia avesse continuato a
imperversare. La democrazia nella fabbrica è durata quanto un
brutto sogno. Che cosa sono diventati i «Betriebsrate»
tedeschi o i consigli di fabbrica russi? Ora è l'altra
democrazia
quella politica
che sta per finire
che deve finire.
Questo secolo si annuncia
per mille segni
non come la
continuazione
ma come l'antitesi del secolo scorso.
(segue...)
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