(segue) Il discorso alla «Sciesa» di Milano
(4 ottobre 1922)
[Inizio scritto]
Non la piccola violenza
individuale
sporadica
spesso inutile
ma la grande
la bella
la
inesorabile violenza delle ore decisive.
È necessario
quando il
momento arriva
di colpir con la massima decisione e con la massima
inesorabilità. Non dovete credere che qui mi facciano velo i
sentimenti di simpatia fortissima che io ho per il Fascismo milanese:
ma è soprattutto l'amore che io porto alla nostra causa.
Quando una causa è
santificata da tanto sangue purissimo di giovani
questa causa non
deve venire in nessun modo ed a nessun costo infangata.
Eroi sono stati i nostri amici!
La loro gesta è stata guerriera. La loro violenza santa e
morale. Noi li esaltiamo. Noi li ricordiamo; noi li vendicheremo. Non
possiamo accettare la morale umanitaria
la morale tolstoiana
la
morale degli schiavi. Noi
in tempi di guerra
adottiamo la formula
socratica: Superare nel bene gli amici
superare nel male i nemici!
La nostra linea di condotta è
correttissima. Chi ci fa del bene
avrà del bene; chi ci fa
del male
avrà del male. I nostri nemici non potranno lagnarsi
se
essendo nemici saranno trattati duramente
come duramente devono
essere trattati i nemici. Siamo in un periodo storico di crisi che
accelera ogni giorno i suoi tempi. Lo sciopero generale
che fu
stroncato dal sacrificio di sangue dei fascisti
è un episodio
che si inquadra nella crisi generale.
Il dissidio è fra Nazione
e Stato. L'Italia è una Nazione. L'Italia non è uno
Stato. L'Italia è una Nazione
poiché dalle Alpi alla
Sicilia
c'è una unità fondamentale dei nostri costumi;
c'è una unità fondamentale del nostro linguaggio
della
nostra religione. La guerra combattuta dal '15 al '18 consacra tutte
queste unità e se queste unità formidabili bastano a
caratterizzare la Nazione
la Nazione italiana esiste: piena di
risorse
potentissima
lanciata verso un glorioso destino.
(segue...)
|