(segue) Il discorso alla «Sciesa» di Milano
(4 ottobre 1922)
[Inizio scritto]

      È un'Italia che vuole iniziare un nuovo periodo di storia. Il contrasto è quindi plastico drammatico fra l'Italia di ieri e la nostra Italia.
      L'urto appare inevitabile. Si tratta ora di elaborare le nostre forze i nostri valori di preparare le nostre energie di coordinare i nostri sforzi perché l'urto sia vittorioso per noi. E del resto su di ciò non può esservi dubbio.
      Ormai lo Stato liberale è una maschera dietro la quale non c'è nessuna faccia. È una impalcatura; ma dietro non c'è nessun edificio. Ci sono delle forze; ma dietro di esse non c'è più lo spirito. Tutti quelli che dovrebbero essere a sostegno di questo Stato sentono che esso sta toccando gli estremi limiti della vergogna della impotenza e del ridicolo. D'altra parte come dissi ad Udine noi non vogliamo mettere tutto in giuoco perché non ci presentiamo come i redentori del genere umano né promettiamo niente di speciale agli italiani. Anzi può essere che noi imporremo una più dura disciplina agli italiani e dei sacrifici. Può darsi che noi li imporremo tanfo alla borghesia quanto al proletariato perché c'è un proletariato infetto come c'è una borghesia più infetta ancora. C'è un proletariato che merita di essere castigato per poi dargli la possibilità di redenzione e c'è una borghesia che ci detesta che tenta di gettare la confusione nelle nostre file che paga tutti i fogli che fanno opera di calunnia antifascista; una borghesia che si è gettata fino a ieri ignobilmente ai piedi delle forze antinazionali; una borghesia verso la quale noi non avremo un brivido di pietà.
      Siamo circondati da nemici: ci sono i nemici palesi e quelli occulti. I nemici palesi vivono nei cosiddetti partiti sovversivi che ormai si sono specializzati nell'agguato e nella imboscata assassina.

(segue...)