(segue) Il discorso alla «Sciesa» di Milano
(4 ottobre 1922)
[Inizio scritto]
Ma ci sono dei nemici ambigui
che
sotto il tricolore e sotto bandiere analoghe
cercano di ferire
il movimento fascista
di insinuarsi nelle nostre file
di creare dei
simulacri di organismi per indebolire il movimento nostro proprio
nella fase in cui è necessario di tenerlo maggiormente
compatto ed unito.
Ora bisogna dire che se non
avremo remissione per coloro che ci attaccano dietro le siepi
non
avremo nemmeno remissione per coloro che ci attaccano con ambiguità.
Quando al quadrante della storia battono le grandi ore
bisogna
parlare da contadini: semplicemente
duramente
schiettamente e
lealmente.
Non abbiamo grandi ostacoli da
superare
perché la Nazione attende
la Nazione spera in noi.
La Nazione si sente rappresentata da noi. Certamente non possiamo
promettere l'albero della libertà sulle pubbliche piazze: non
possiamo dare la libertà a coloro che ne profitterebbero per
assassinarci. Qui è la stoltezza dello Stato liberale: che dà
la libertà a tutti
anche a coloro che se ne servono per
abbatterlo. Noi non daremo questa libertà. Nemmeno se la
richiesta di questa libertà fosse avvolta nella vecchia carta
stinta degli immortali principi!
Infine
quello che ci divide
dalla democrazia non sono gli ammennicoli elettorali. La gente vuole
votare? Ma voti! Votiamo tutti fino alla noia e fino alla
imbecillità! Nessuno vuol sopprimere il suffragio universale.
Ma faremo una politica di
severità e reazione. Questi termini non ci fanno paura. Se si
dirà dagli organi rappresentativi della democrazia che noi
siamo reazionari
non ci adonteremo affatto. Perché quel che
ci divide dalla democrazia è la mentalità
è lo
spirito
La storia non è un itinerario obbligato: la storia è
tutta contrasti
è tutta vicende; non ci sono secoli di tutta
luce e secoli di tutte tenebre. Non si può trasportare il
Fascismo fuori d'Italia
come non si è potuto trasportare il
bolscevismo fuori della Russia.
(segue...)
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