(segue) Il discorso di Napoli
(24 ottobre 1922)
[Inizio scritto]

      Inutilmente i nostri avversari cercano di perpetuare l'equivoco.
      Il Parlamento o signori e tutto l'armamentario della democrazia non hanno niente a che vedere con l'istituto monarchico. Non solo ma si aggiunga che noi non vogliamo togliere al popolo il suo giocattolo (il Parlamento). Diciamo «giocattolo» perché gran parte del popolo italiano lo stima per tale. Mi sapete voi dire per esempio perché su undici milioni di elettori ce ne sono sei che se ne infischiano di votare? Potrebbe darsi però che se domani si strappasse loro il giocattolo se ne mostrassero dispiacenti. Ma noi non lo strapperemo. In fondo ciò che ci divide dalla democrazia è la nostra mentalità è il nostro metodo. La democrazia crede che i principi siano immutabili in quanto siano applicabili in ogni tempo in ogni luogo in ogni evenienza.
      Noi non crediamo che la storia si ripeta noi non crediamo che la storia sia un itinerario obbligato noi non crediamo che dopo la democrazia debba venire la super-democrazia!
      Se la democrazia è stata utile ed efficace per la Nazione nel secolo XIX può darsi che nel secolo XX sia qualche altra forma politica che potenzi di più la comunione della società nazionale. Nemmeno adunque lo spauracchio della nostra antidemocrazia può giovare a determinare quella soluzione di continuità di cui vi parlavo dianzi.
      Quanto poi alle altre istituzioni in cui si impersona il regime in cui si esalta la Nazione — parlo dell'Esercito — l'Esercito sappia che noi manipolo di pochi e di audaci lo abbiamo difeso quando i ministri consigliavano gli ufficiali di andare in borghese per evitare conflitti!
      Noi abbiamo creato il nostro mito. Il mito è una fede è una passione. Non è necessario che sia una realtà. È una realtà nel fatto che è un pungolo che è una speranza che è fede che è coraggio. Il nostro mito è la Nazione il nostro mito è la grandezza della Nazione! E a questo mito a questa grandezza che noi vogliamo tradurre in una realtà completa noi subordiniamo tutto il resto.

(segue...)