(segue) Il primo discorso presidenziale
(16 novembre 1922)
[Inizio scritto]

      Mi sono rifiutato di stravincere e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non vi abbandona dopo la vittoria. Con trecentomila giovani armati di tutto punto decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo.
      Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli; potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho almeno in questo primo tempo voluto.
      Gli avversari sono rimasti nei loro rifugi; ne sono tranquillamente usciti ed hanno ottenuto la libera circolazione: del che approfittano già per risputare veleno e tendere agguati come a Carate ed a Bergamo a Udine ed a Muggia.
      Ho costituito un Governo di coalizione e non già con l'intento di avere una maggioranza parlamentare della quale posso oggi fare benissimo a meno; ma per raccogliere in aiuto della Nazione boccheggiante quanti al di sopra delle sfumature dei partiti la stessa Nazione vogliono salvare.
      Ringrazio dal profondo del cuore i miei collaboratori ministri e sottosegretari; ringrazio i miei colleghi di Governo che hanno voluto assumere con me le pesanti responsabilità di quest'ora: e non posso non ricordare con simpatia l'atteggiamento delle masse lavoratrici italiane che hanno confortato il moto fascista con la loro attiva o passiva solidarietà.
      Credo anche di interpretare il pensiero di gran parte di questa Assemblea e certamente della maggioranza del popolo italiano tributando un caldo omaggio al Sovrano il quale si è rifiutato ai tentativi inutilmente reazionari dell'ultima ora ha evitato la guerra civile e permesso di immettere nelle stracche arterie dello Stato parlamentare la nuova impetuosa corrente fascista uscita dalla guerra ed esaltata dalla vittoria.

(segue...)