(segue) Il primo discorso presidenziale
(16 novembre 1922)
[Inizio scritto]
Valgono più
ai fini
della ricostruzione economica europea
i Trattati di commercio a due
base delle più vaste relazioni economiche fra i popoli
che le
macchinose e confuse conferenze plenarie
la cui lacrimevole istoria
ognuno conosce. Per ciò che riguarda l'Italia
noi intendiamo
di seguire una politica di dignità e di utilità
nazionale.
Non possiamo permetterci il
lusso di una politica di altruismo insensato o di dedizione completa
ai disegni altrui. Do ut des.
L'Italia di oggi conta
e deve
adeguatamente contare. Lo si incomincia a riconoscere anche oltre i
confini. Non abbiamo il cattivo gusto di esagerare la nostra potenza
ma non vogliamo nemmeno
per eccessiva ed inutile modestia
diminuirla.
La mia formula è
semplice: niente per niente.
Chi vuole avere da noi prove
concrete di amicizia
tali prove di concreta amicizia ci dia.
L'Italia fascista
come non
intende stracciare i Trattati
così
per molte ragioni di
ordine politico
economico e morale
non intende abbandonare gli
alleati di guerra.
Roma sta in linea con Parigi e
con Londra
ma l'Italia deve imporsi e deve porre agli alleati quel
coraggioso e severo esame di coscienza
che essi non hanno affrontato
dall'armistizio ad oggi.
Esiste ancora una Intesa nel
senso sostanziale della parola? Quale è la posizione di questa
Intesa di fronte alla Germania
di fronte alla Russia
di fronte ad
una alleanza russo-tedesca? Qual'è la posizione dell'Italia
nell'Intesa
dell'Italia che non soltanto per debolezze dei suoi
Governi ha perduto forti posizioni nell'Adriatico e nel Mediterraneo
mentre si ripongono in discussione taluni dei suoi diritti
fondamentali; dell'Italia che non ha avuto colonie
né materie
prime ed è schiacciata
letteralmente
dai debiti fatti per
raggiungere la vittoria comune?
(segue...)
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