(segue) Il primo discorso presidenziale
(16 novembre 1922)
[Inizio scritto]
Mi propongo
nei colloqui che
avrò coi primi ministri di Francia e di Inghilterra
di
affrontare con tutta chiarezza
nella sua complessità
il
problema dell'Intesa ed il problema conseguente della posizione
dell'Italia in seno dell'Intesa.
Da questo esame due ipotesi
scaturiranno: o l'Intesa
sanando le sue angustie interne
le sue
contraddizioni
diventerà veramente un blocco omogeneo
equilibrato
egualitario di forze — con eguali diritti ed
eguali doveri — oppure sarà suonata la sua ora e
l'Italia
riprendendo la sua libertà di azione
provvederà
lealmente con altra politica alla tutela dei suoi interessi.
Mi auguro che la prima
eventualità si verifichi: anche in considerazione del
ribollire di tutto il mondo orientale e della crescente intimità
russo-turco-tedesca.
Ma perché ciò sia
è necessario uscire una buona volta dal terreno delle frasi
convenzionali: è tempo
insomma
di uscire dal semplice
terreno dello spediente diplomatico che si rinnova e si ripete ad
ogni conferenza
per entrare in quello dei fatti storici
sul
terreno
cioè
in cui è possibile determinare in un
senso o nell'altro un corso degli avvenimenti.
Una politica estera come la
nostra
una politica di utilità nazionale
una politica di
rispetto ai Trattati
una politica di equa chiarificazione della
posizione dell'Italia nell'Intesa
non può essere gabellata
come una politica avventurosa o imperialistica nel senso volgare
della parola.
Noi vogliamo seguire una
politica di pace: non però una politica di suicidio. A
confondere i pessimisti
i quali attendevano risultati catastrofici
dall'avvento del Fascismo al potere
basterà ricordare che i
nostri rapporti sono assolutamente amichevoli con la Svizzera
ed un
Trattato di commercio
che sta in cantiere
gioverà
quando
sarà ultimato
a fortificarli; corretti con la Jugoslavia e
con la Grecia
buoni con la Spagna
la Cecoslovacchia
la Polonia
la
Romania
con tutti gli Stati baltici
dove l'Italia ha guadagnato in
questi ultimi tempi grandissime simpatie e coi quali stiamo trattando
per addivenire ad accordi commerciali; ed egualmente buoni con tutti
gli altri Stati.
(segue...)
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