(segue) Replica ai Senatori
(27 novembre 1922)
[Inizio scritto]

      Come si poteva uscire da questa crisi interna che diventava ogni giorno più angosciosa e preoccupante?
      Un Ministero di transazione o di transizione non era più possibile non risolveva il problema lo dilazionava appena. Di lì a due o tre mesi o sei mesi con quella mutevolezza di sentimenti di appetiti che caratterizza certi ambienti parlamentari ci saremmo trovati al punto di prima con un'esperienza fallita che avrebbe aggravato la crisi. Allora io dopo aver lungamente meditato dopo aver constatato il paradosso ironico sempre più evidente di due Stati uno dei quali era l'attuale mentre l'altro era uno Stato che nessuno riusciva più a definire mi sono detto ad un certo momento che solo il taglio chirurgico netto e nettamente osato poteva fare di due Stati uno Stato solo e salvare le fortune della Nazione.
      Il senatore Albertini non deve credere che tutto ciò non sia stato oggetto di lunga meditazione; non deve credere che io non mi sia in anticipo rappresentati tutti i pericoli tutti i rischi di questa azione illegale. E l'ho voluta io deliberatamente: oso dire di più l'ho imposta.
      Non c'era a mio avviso altro mezzo per immettere forze nuove in una classe politica che pareva enormemente stanca e sfiduciata in tutte le sue gerarchie se non il mezzo rivoluzionario; e siccome l'esperienza insegna qualche cosa o dovrebbe insegnare qualche cosa agli uomini intelligenti io posi subito dei confini dei limiti delle regole.
      Non sono andato oltre ad un certo segno non mi sono ubriacato minimamente della vittoria non ne ho abusato.
      Chi mi impediva di chiudere il Parlamento? Chi mi impediva di proclamare una dittatura di due tre o cinque persone? Dove era qualcuno che mi avesse potuto resistere che avesse potuto resistere ad un movimento che non era di 300.000 tessere ma era in quel momento di 300.000 fucili? Nessuno.

(segue...)