(segue) Replica ai Senatori
(27 novembre 1922)
[Inizio scritto]

      Questa è l'Italia che è balenata ma forse non tanto vagamente davanti a coloro che rappresentavano le altre nazioni e che d'ora innanzi dovranno convincersi lo vogliano o non lo vogliano che l'Italia non intende di seguire il carro degli altri ma intende rivendicare dignitosamente tutti i suoi diritti e intende non meno dignitosamente difendere tutti i suoi interessi.
      Tutti coloro che hanno parlato in quest'aula mi hanno ammonito e mi hanno detto: la responsabilità che voi vi prendete è certamente grave è enorme. Sì lo so lo sento; qualche volta il senso di questa responsabilità aggravata da una attesa così profonda e vibrante mi dà un senso di asfissia e di schiacciamento; allora io debbo evocare tutte le mie forze richiamare tutta la mia volontà tenere presenti al mio spirito i bisogni e gli interessi e l'avvenire della Patria.
      Ebbene lo so non è la mia persona che è in giuoco. Certo se io non riesco sono un uomo finito; non sono esperimenti che si possano tentare due volte nella stessa vita; ma la mia persona vale pochissimo. Il non riuscire non sarebbe grave per me ma potrebbe essere infinitamente grave per la Nazione e allora io intendo di dirigere il timone della barca — e non lo cedo a nessuno — ma non mi rifiuterò di caricare tutti coloro che vorranno costituire la mia bellissima ciurma tutti coloro che vorranno lavorare con me che mi vorranno dare consigli e suggerimenti che vorranno insomma fornirmi un'utile necessaria collaborazione.
      Nell'altro ramo del Parlamento ho invocato Iddio; in questo — non sembri un contrasto cercato dall'oratoria — invoco il popolo italiano. Qui potrei riaccostarmi a Mazzini che di Dio e del popolo aveva fatto un binomio ma se il popolo sarà come io lo spero e come io lo vorrò disciplinato laborioso fiero di questa sua terza e meravigliosa rinascita io sento che non fallirò alla mia meta.

(segue...)