(segue) Ai metallurgici lombardi
(5 dicembre 1922)
[Inizio scritto]

      Voi avrete modo di constatare più che dalle mie parole dai fatti del mio Governo che nella sua azione esso intende ispirarsi e vuole tener sempre presenti tre elementi fondamentali: «nazione» — che esiste anche se si vuole negare e che è una realtà insopprimibile; «produzione» — poiché l'interesse a produrre molto e bene non è soltanto dei capitalisti ma anche dell'operaio il quale col capitalista perde e va in miseria se la produzione si arresta e se i manufatti nazionali non trovano sbocco sui mercati mondiali; «la tutela degli interessi giusti della classe lavoratrice». Tenendo presenti questi tre elementi essenziali io intendo di dare all'Italia la pace all'interno e all'estero.
      Nessuno di noi vuole andare verso avventure nelle quali siano da impegnare il sangue e i beni dei cittadini. Ma nemmeno vogliamo fare delle rinuncie; e vogliamo che l'Italia nel mondo non sia più la nazione «ritardatala». Perché la nostra voce possa essere ascoltata nei consigli internazionali — consigli o operai che altamente vi interessano — occorre che all'interno sia la più rigida disciplina; nessuno ci ascolterà se dietro di noi sarà un paese irrequieto torbido insoddisfatto. Voi operai sentite che in me non vi parla in questo momento un capo di Governo ma un uomo che vi pesa e che sa quello che potete fare e quello che non potete fare. Ma come capo del Governo io vi dico che quello che io presiedo è un Governo sul serio forte sicuro e non un'amministrazione burocratica: un Governo che vuole agire anche per gli interessi delle classi lavoratrici interessi che il Governo riconoscerà sempre quando siano giusti.
      Gli operai hanno creduto di doversi e di potersi rendere estranei alla vita nazionale. Questo è stato un grande errore. Voi dovete essere invece anima dell'anima della Nazione in modo che tutto il nostro travaglio non vada miserevolmente perduto. Questo è il comandamento che ci viene dai nostri morti lo spirito dei quali aleggia certo in questo salone e vi ripete il medesimo comandamento. Occorre che gli italiani ritrovino quel minimo di concordia che è necessario per rendere possibile il riordino e lo sviluppo della vita civile; e se vi saranno minoranze che tenteranno opporsi esse saranno inesorabilmente colpite. Fate tesoro di queste parole e ricordate il motto dei Sindacati fascisti: «La patria non si rinnega ma si conquista!».

(segue...)