Agli operai del poligrafico
(28 gennaio 1923)
Il Duce si recò,
il 28 gennaio, a visitare lo Stabilimento Poligrafico del Ministero
della Guerra fuori Porta San Giovanni a Roma. Fu accolto da un
vibrante saluto, pronunziato dall'operaio Mauri, cieco di guerra. Il
Duce, dopo aver abbracciato l'operaio cieco, pronunziò il
seguente discorso:
Mi avevano detto meraviglie di
questo vostro stabilimento: confesso che la visita non mi ha deluso.
Credo che questo sia il primo stabilimento d'Italia.
Se vi dico che le vostre
accoglienze mi hanno commosso, dovete credermi poiché io ho
l'abitudine — è sistema della mia vita — di dire
sempre e dovunque la verità. Sono commosso per le vostre
accoglienze. Per il discorso magnifico di fede italiana e di
sentimento pronunciato da un vostro compagno di lavoro. Commosso
perché io considero i tipografi come facenti parte della
aristocrazia del lavoro.
Durante venti anni di giornalismo
io ho sempre considerato i tipografi non come dei compagni, ma come
dei fratelli. Non ho mai avuto una questione con le mie maestranze.
Ci siamo sempre trovati d'accordo.
Anche in questo momento in cui io sono lontano dai miei tipografi di
Milano, essi, di quando in quando, mi mandano il loro saluto fraterno
e pieno di devota simpatia.
Mi vanto di essere un figlio di
lavoratori. Mi vanto di aver lavorato con le mie braccia. Ho
conosciuto le umili fatiche della gente che lavora. Quando io
lavoravo la giornata era di dodici ore. Oggi è di otto. Questa
vostra conquista è intangibile: se qualcuno vi dice il
contrario mentisce sapendo di mentire.
Il Governo che ho l'onore di
presiedere, Governo nato da una grande rivoluzione che si svilupperà
durante tutto il secolo in corso, non intende di fare, non può
fare, non vuole fare una politica anti-operaia.
(segue...)
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