(segue) La nuova politica estera
(16 febbraio 1923)
[Inizio scritto]
Ciò detto, e spero che
tutti intendano anche il senso delle parole che non ho pronunciato,
passo alla politica estera.
Intanto dichiaro che non posso
accettare la tesi dell'onorevole Lucci, il quale pretende che io sia
originale.
Prima di tutto, l'onorevole Lucci
deve darmene il tempo. In secondo luogo non c'è nessuna
originalità in materia di politica estera; ed io mi rifiuterei
energicamente di fare l'originale, se questa originalità
dovesse procurare qualche linea soltanto di danno al mio Paese.
E non posso nemmeno accettare la
sua tesi troppo idealistica. Vedo il mondo come realmente esso è:
cioè un mondo di scatenati egoismi. Se il mondo fosse una
bianca Arcadia, sarebbe forse bello trastullarsi tra le ninfe e i
pastori; ma io non vedo nulla di tutto ciò, e anche quando si
alzano le grandi bandiere dei grandi principi, io vedo dietro questi
drappi, più o meno venerabili, degli interessi che cercano di
affermarsi nel mondo.
Se tutta la politica estera fosse
portata su un terreno di squisito e di puro idealismo, non sarebbe
certamente l'Italia che si rifiuterebbe di entrare su questo terreno.
In realtà questo non è.
Quindi tutto il discorso dell'onorevole Lucci appartiene alla musica
del più lontano avvenire.
Quando sono arrivato a questo
banco c'è stato un momento di trepidazione in certi ambienti
della politica internazionale; si credeva, cioè, che l'avvento
del Fascismo al potere avrebbe significato per lo meno la guerra alla
Jugoslavia.
Dopo quattro mesi l'opinione
pubblica internazionale è pienamente rassicurata.
La politica estera del Fascismo
non può essere, specie in questo momento storico, che una
politica estera estremamente circospetta e nello stesso tempo
fortemente attiva.
(segue...)
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