(segue) La nuova politica estera
(16 febbraio 1923)
[Inizio scritto]

      La Nazione, uscita dal travaglio mirabile e sanguinoso della guerra, è ora tutta intenta all'opera di rifacimento dei suoi tessuti politici, economici, finanziari e morali: infliggere uno sforzo che non fosse imposto da un caso di estremissima necessità significherebbe fare una politica antinazionale e quindi suicida.
      A Londra, come a Losanna, la politica estera dell'Italia si è tenuta su queste direttive. A Losanna soprattutto l'opera della Delegazione Italiana è stata altamente apprezzata. Se la pace non è stata firmata a Losanna, nessuna responsabilità spetta all'Italia.
      D'altra parte non conviene parlare con eccessivo pessimismo dello svolgersi degli avvenimenti nel Mediterraneo orientale.
      Non bisogna credere che certo innocuo digrignar di denti, effetto talvolta di reciproci nervosismi, possa significare inizio di guerra.
      Ho l'impressione che se la Grecia sarà prudente, e che se l'Intesa sarà unita, come è accaduto per le sue navi nel porto di Smirne, anche la Turchia, che ha realizzato gran parte del suo programma nazionale lanciato dalla grande Assemblea di Angora, diventerà ragionevole.
      Non vi è ragione quindi di temere complicazioni militari in Europa.
      D'altra parte l'Italia ha impedito e impedirà che il turbamento prodotto dagli avvenimenti nella Ruhr possa avere delle ripercussioni catastrofiche nei paesi del bacino danubiano.
      La situazione nella Ruhr è stazionaria. Dichiaro ancora una volta che l'Italia non poteva fare una politica diversa. Il tempo dei gesti belli e inutili è passato.
      L'atteggiamento che taluni elementi di sinistra in Italia reclamano sarebbe stato inutile. Non avremmo impedito alla Francia di marciare nella Ruhr, mentre avremmo forse aumentata la resistenza tedesca.

(segue...)