(segue) La nuova politica estera
(16 febbraio 1923)
[Inizio scritto]

      D'altra parte, io penso che la crisi è giunta a un punto culminante; si tratta di sapere se c'è e ci sarà ancora un'intesa. Non credo di svelare dei misteriosi arcani se dico quello che balza agli occhi di quanti leggono le semplici cronache dei giornali. Non c'è un solo avvenimento, non c'è una sola questione davanti alla quale non si ponga il problema dell'unità d'azione dell'Intesa. In questa situazione politica di necessità non si possono improvvisare dei gesti, meno ancora delle originalità.
      Tutte le diplomazie, non esclusa quella russa, che è di un formalismo e di un procedurismo raccapricciante, tutte le diplomazie sono in questo momento guardinghe e circospette; non c'è ragione perché l'Italia debba fare qualcosa di diverso.
      Quando si tratta degli interessi della nostra Nazione, quando si tratta degli interessi di quaranta milioni di abitanti, che hanno diritto di vivere, bisogna andare adagio nelle improvvisazioni, e bisogna tener conto che oltre alla nostra volontà, ci sono le volontà degli altri.
      Se noi avessimo dei bacini carboniferi, se noi avessimo in qualche modo risolto il problema delle materie prime, se disponessimo di larghi depositi aurei a sostegno della nostra valuta, potremmo seguire una data politica, magari la politica della generosità verso la Germania; ma noi non ci possiamo permettere il lusso della prodigalità e della generosità quando stentiamo a trar la vita, quando dobbiamo raccogliere tutte le nostre energie per evitare l'abisso. E allora voi convenite, onorevoli senatori, che l'Italia non poteva restare assente dal bacino della Ruhr, non poteva cioè negarsi e negare una partecipazione di ordine economico e tecnico.
      È meglio a mio avviso esser sempre presenti, poiché, qualche volta, dei complicati problemi hanno delle soluzioni impensate, e non si poteva correre capricciosamente il rischio di non essere presenti nel caso — tutt'altro che improbabile — di un accordo sul terreno economico — ferro e carbone — tra la Francia e la Germania.

(segue...)