(segue) La nuova politica estera
(16 febbraio 1923)
[Inizio scritto]
Non ho bisogno di ripetere che i
trattati sono delle transazioni che presentano degli accordi, dei
punti di equilibrio; nessun trattato è eterno, quello che
accade sotto i nostri occhi è altamente ammonitore.
Non vale quindi la pena di seguire
il senatore Scialoja nel constatare l'imperfezione giuridica di
alcune parti di questi accordi. Io credo che, se l'onorevole Scialoja
avesse lui stesso elaborato questi accordi, si sarebbe trovato un
altro giurista capace di scoprire che non erano ancora perfetti.
Noi applicheremo dunque lealmente
e rapidamente questi accordi.
Non bisogna credere che la terza
zona sia una specie di continente vastissimo e che abbiamo in essa
delle forze ingentissime; si tratta di un territorio che circonda
Zara e di un gruppo di isole; in totale non abbiamo là che 120
carabinieri, 18 guardie di finanza e 20 soldati.
A Sussak abbiamo un battaglione di
fanteria. Si tratterà di farlo ripiegare sulla linea
dell'Eneo, perché fino a quando non si sappia che cosa sarà
Fiume, il Delta e Porto Baros rimangono presidiate da truppe
italiane.
Che cos'è questa
Commissione paritetica o paritaria che dir si voglia? È il
tentativo, starei per dire una specie di forcipe, col quale o
attraverso il quale deve uscire, più o meno vitale, quella
creatura che si pensò a Rapallo, cioè lo Stato
indipendente di Fiume. Certo è questo: che noi abbiamo tre
italiani in questa Commissione paritetica. Certo è questo: che
non è proprio assolutamente necessario che Fiume diventi la
settantacinquesima provincia del Regno, che a Fiume ci sia veramente
il prefetto: questo per me è secondario. Per me è
importante che Fiume abbia la sua anima italiana, che abbia il suo
spirito intatto, che Fiume resti italiana e nello stesso tempo si
trovino accorgimenti o transazioni tali che facciano di Fiume una
città che viva in se stessa e per se stessa, e non soltanto
attraverso le elargizioni dello Stato italiano.
(segue...)
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