Al popolo di Rovigo
(2 giugno 1923)


      Da Padova il Duce passò a Rovigo e il 2 giugno, dal balcone del Palazzo Municipale, pronunziò il seguente discorso:

      Come trovare le parole necessarie per ringraziarvi di queste magnifiche accoglienze? Pochi istanti fa il vostro Sindaco mi recava il saluto della città e della provincia. Ho attraversato oggi le vostre terre dolci e feconde, solcate da fiumi, riscattate giorno per giorno dalla vostra opera tenace.
      L'Italia tutta deve avere il senso di gratitudine per questo solido popolo lavoratore che, essendosi riconciliato con la realtà bella e suprema della Nazione, ha riscattato il diritto di essere trattato con un maggiore spirito di amicizia e di probità.
      Io so di parlare ad una folla dove i lavoratori sono certamente la enorme maggioranza. Ebbene, a costoro io dico con tranquilla parola e con coscienza ancora più tranquilla che il Governo che ho l'onore di rappresentare non è, non può essere, non sarà mai nemico della gente che lavora.
      Sei mesi di Governo sono ancora troppo pochi perché un programma sia condotto a termine; ma sono sufficienti, a mio avviso, per segnare le direttive di questo Governo. Ora le direttive sono precise, sicure. Il mio non è un Governo che inganna il popolo. Noi non possiamo, non vogliamo fare delle promesse se non siamo matematicamente sicuri di poterle mantenere. Il popolo è stato per troppo tempo ingannato e mistificato perché gli uomini della mia generazione continuino ancora in questo basso mestiere.
      La lotta di classe può essere un episodio nella vita di un popolo: non può essere il sistema quotidiano perché significherebbe la distruzione della ricchezza e quindi la miseria universale.

(segue...)