(segue) Al popolo di Rovigo
(2 giugno 1923)
[Inizio scritto]

      La collaborazione, cittadini, fra chi lavora e chi dà il lavoro, fra chi dà le braccia e chi dà il cervello; tutti gli elementi della produzione hanno le loro gerarchie inevitabili e necessarie; attraverso a questo programma voi arriverete al benessere, la Nazione arriverà alla prosperità ed alla grandezza. Se io non fossi sicuro di tenere fede a queste mie parole io non le pronunzierei dinanzi a voi in una occasione così solenne e memorabile.

      (A questo punto del discorso un aeroplano pilotato dal comm. Ferrarin compie arditissime evoluzioni a bassissima quota sopra il palazzo del Municipio. Il Presidente del Consiglio interrompe per qualche istante il suo dire, seguendo le evoluzioni dell'aeroplano, quindi continua):

      Fascisti!
      L'altro giorno io sono passato con uno di quegli apparecchi sulla vostra città. Quel volo, che certamente ha fatto trepidare qualcuno di voi, era pieno di un profondo significato: esso doveva dimostrare che sei mesi di Governo non mi hanno ancora inchiodato nella comoda poltrona della burocrazia; ha dimostrato anche che io, come voi tutti, siamo ancora pronti a osare, a combattere e, se occorre, a morire perché i frutti della mirabile rivoluzione fascista non siano dispersi.
      Viva il Fascismo! Viva l'Italia!