(segue) I primi sei mesi di Governo
(8 giugno 1923)
[Inizio scritto]
Quando i postelegrafonici fascisti
sono venuti da me per protestare, perché in seguito ad un
telegramma di protesta al mio collega Di Cesarò erano stati
puniti, ho detto loro che se fossi stato il collega delle Poste li
avrei puniti due volte, e ho detto che, perché fascisti, essi
avrebbero dovuto riconoscere la necessità di questa severa
disciplina.
La situazione dell'ordine pubblico
nel secondo semestre dell'anno decorso raggiunge il suo apice di
disintegrazione; c'è nell'agosto uno sciopero; lo sciopero
antifascista, sciopero che paralizza completamente lo Stato. Lo Stato
non agisce, agiscono, in vece delle forze dello Stato, le forze del
Fascismo. È allora, o signori, che io ho detto che di due
bisognava fare uno, è da allora che io ho detto che dal
momento che c'era uno Stato inattuale, uno Stato svuotato di tutti
gli attributi della sua virilità, e c'è uno Stato in
potenza che sorge, fortissimo, che saprà imporre una
disciplina alla Nazione, è necessario che ci sia la
sostituzione, mediante un atto rivoluzionario dello Stato che sorge
allo Stato che declina inesorabilmente.
Lo sciopero antifascista
dell'agosto fu seguito dall'occupazione fascista delle città
di Bologna e di Bolzano.
L'autorità dello Stato
presentava lo spettacolo di macerie, di rovine infinite. Ora la
rubrica dei conflitti non appare più sui giornali; e la rissa
domenicale non può farsi passare come conflitto: perché
conflitto ci sia, deve essere collettivo e politico.
Vi ripeto, onorevoli senatori,
sono così imparziale da dirvi che in questi ultimi giorni c'è
stata una leggera recrudescenza: da che cosa essa dipende? Ve lo dico
con franchezza: dalla riapertura della Camera! La sede delle
interrogazioni con lo spettacolo che offre alla Nazione, è
quella che riverbera e che getta in mezzo alle masse impulsive,
eccitabili, sentimentali, i germi di conflitti e di discordie.
(segue...)
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