(segue) Al popolo di Sassari
(11 giugno 1923)
[Inizio scritto]

      Intendiamo rivalutare le città e le regioni d'Italia, perché chi più ha dato alla guerra maggior diritto ha di avere nella pace.
      Pochi giorni fa, nella ricorrenza dell'anniversario della guerra, mi sono recato, per le vie del cielo, ai cimiteri del Carso. Ci sono molti vostri fratelli che dormono in quei cimiteri il sonno che non ha risveglio. Li ho conosciuti; ho vissuto con loro; ho sofferto con loro. Eran magnifici, pazienti, generosi. Non si lamentavano, resistevano e quando l'ora tragica suonava in cui si doveva uscire dalla trincea, erano i primi e non domandavano perché!
      Il Governo Nazionale che ho l'onore di dirigere è un Governo che conta su di voi e voi potete contare su di lui. È un Governo scaturito da una duplice vittoria di popolo. Il Governo Nazionale viene verso di voi, perché voi gli diciate schiettamente, lealmente quali sono i vostri bisogni.
      Siete stati trascurati, dimenticati, per troppo tempo! A Roma si sapeva e non si sapeva che esisteva la Sardegna. Ma poiché la guerra vi ha rivelato all'Italia, bisogna che tutti gli Italiani ricordino la Sardegna non soltanto a parole, ma a fatti.
      Sono lieto, commosso, per le accoglienze che mi avete tributato. Ho guardato nelle vostre faccie; ho visto i vostri lineamenti; ho riconosciuto che voi siete dei virgulti superbi di questa razza italiana che era grande quando gli altri popoli non erano ancora nati, di questa razza italiana che ha dato tre volte la sua civiltà al mondo attonito o rimbarbarito, di questa razza italiana che noi vogliamo prendere, sagomare, forgiare per tutte le battaglie necessarie nella disciplina, nel lavoro, nella fede.
      Sono sicuro che come la Sardegna è stata grande nella guerra, sarà altresì grande nella pace.

(segue...)