Al popolo di Piacenza
(18 giugno 1923)
Discorso
pronunziato a Piacenza, il 18 giugno, dal Palazzo del Governatore,
dopo la rivista della Milizia Nazionale, degli Avanguardisti e dei
Balilla nella Piazza dei Cavalli.
Camicie Nere! Avanguardisti!
Balilla! Cittadini della primogenita!
Io non trovo parole sufficienti
per esprimervi la mia commozione e la mia profonda gratitudine.
Tutte le volte che io mi allontano
da Roma, dove i residui di piccole caste politiche si illudono ancora
sulla loro vitalità, e mi confondo tra il popolo, io ho
veramente davanti ai miei occhi la impressione visiva plastica di una
magnifica, di una splendida, di un incomparabile primavera.
Qui in questa città
storica, qui pulsa gagliardo il sangue della nuova generazione, qui
più che altrove il popolo in tutte le sue categorie ha
compreso che in questo momento la disciplina, la concordia, il lavoro
sono elementi necessari per la ricostruzione della Patria. Qui è
il consenso, non soltanto la forza. Qui è il consenso che si
raccoglie attorno a me e attorno al Governo che ho l'onore di
dirigere, perché sa e sente che è un Governo che
agisce, che legifera al di sopra di tutti gli interessi delle singole
classi e categorie e non ha in vista che il bene supremo di tutta la
Nazione.
Io vorrei — e ci riuscirò
— vorrei, come ho detto, rendere grande, prospero e libero
tutto il popolo italiano: ci riuscirò. Ci riuscirò
malgrado i tempi difficili, malgrado le crisi e un complesso di
circostanze che sono all'infuori e al di sopra della nostra volontà
umana. Ma al di sopra delle volontà singole e individuali c'è
ormai in atto ed in potenza una magnifica volontà collettiva;
una volontà collettiva di tutto il popolo italiano che oggi è
compatto, solidale, omogeneo attorno al Fascismo, in quanto il
Fascismo rappresenta il prodigio della razza italiana che si ritrova,
si riscatta, che vuole essere grande.
(segue...)
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