(segue) Per la Sagra dei Combattenti
(24 giugno 1923)
[Inizio scritto]

      Non respingo, non posso, non voglio respingere nessuna collaborazione leale, fraterna e sincera.
      Commilitoni!
      Il compito che grava sulle mie spalle, ma anche sulle vostre è semplicemente immenso, e ci impegnerà per un lungo periodo di anni. È necessario, quindi, non disperdere, ma tesoreggiare ed utilizzare tutte le energie che siano rivolte al bene della Patria. Sono passati cinque anni dalla battaglia vittoriosa per eccellenza, vittoriosa perché su di essa non si può sofisticare né al di qua né al di là della frontiera. Bisogna proclamarlo per voi, che mi ascoltate, ed anche per coloro che mi leggeranno, che la vittoria del giugno sul Piave fu decisiva ai fini di tutta la guerra. Sul Piave rovinò l'impero austro-ungarico, dal Piave si librò sulle sue ali candide la vittoria italiana. Il Governo intende esaltare i valori spirituali che sorgono dalla vittoria del popolo in armi. Non intende disperderli, perché essi rappresentano la semente sacra per l'avvenire. Più ci allontaniamo da quei giorni e più ci sembrano grandi, maestosi, formidabili; più ci allontaniamo da quella vittoria e già tutto appare come in un alone di leggenda e tutti vorrebbero esserci stati.
      Troppo tardivamente qualcuno si accorse che quando la Patria è in pericolo, il dovere di tutti i cittadini, dal più alto al più basso, è uno solo: combattere, soffrire, e, se occorre, morire!
      Noi abbiamo vinto la guerra, noi abbiamo demolito un impero che gravava sulle nostre frontiere e ci mozzava il respiro e ci teneva perennemente sotto il ricatto della sua minaccia armata. La storia non finisce o commilitoni; la storia dei popoli non si misura ad anni ma a decenni, a secoli! Questa vostra manifestazione è un segno infallibile della vitalità del popolo italiano.

(segue...)