Italia e Stati Uniti
(28 giugno 1923)
L'Associazione
Italo-Americana offerse — il 28 giugno, nella sua sede di
Palazzo Salviati in Roma — un pranzo a S. E. il Capo del
Governo e all'Ambasciatore degli Stati Uniti d'America, S. E. Child.
Questi parlò calorosamente dell'amicizia italo-americana, e il
Duce gli rispose con il seguente discorso:
Signor Ambasciatore!
Il discorso che V. E. ha
pronunciato in questa riunione destinata a fortificare i vincoli di
simpatia e di fraternità italo-americana, mi ha profondamente
interessato nella mia qualità di italiano e di fascista. Nella
mia qualità di italiano, perché Ella ha avuto parole
schiette di cordiale adesione per il Governo che ho l'onore di
dirigere. Non ho bisogno di aggiungere che tale cordialità è
ricambiata da me e dagli italiani tutti; non vi è dubbio che
gli elementi per una collaborazione pratica fra i due popoli
esistono: si tratta soltanto di organizzare questa collaborazione.
Qualche cosa si è fatto, ma il più resta da fare. Non
recherà sorpresa a V. E. se accenno, senza particolarmente
insistervi, ad un problema che ci riguarda in modo assai diretto:
parlo del problema dell'emigrazione. Mi limito soltanto a dire che
l'Italia vedrebbe con soddisfazione aprirsi nelle maglie alquanto
rigide dell'immigration bill un varco tale da consentire di aumentare
il suo contingente emigratorio per il Nord America e vedrà,
con altrettanta soddisfazione, l'impiego di capitale americano in
imprese italiane.
Nella mia qualità di
fascista le parole di V. E. mi hanno interessato, perché
rivelano un'esatta comprensione del nostro movimento e ne
costituiscono anzi una simpatica ed imponente rivendicazione.
Il fatto è tanto più
notevole in quanto il movimento fascista è assai complesso, ed
una mentalità straniera non sempre è la più
adatta a penetrarlo.
(segue...)
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