(segue) Per la Sagra dei Combattenti
(24 giugno 1923)
[Inizio scritto]

      La frase che si deve vincere la pace non è un luogo comune. Racchiude una profonda verità. La pace si vince con la concordia, col lavoro, con la disciplina. Questo è il vangelo aperto dinanzi agli occhi delle nuove generazioni, che sono uscite dalle trincee, un vangelo semplice e schietto che tiene conto di tutti gli elementi, che utilizza tutte le energie, che non si abbandona a tirannia o ed esclusivismi grotteschi, perché ha dinanzi agli occhi una meta sola, una meta comune: la grandezza e la salvezza della Nazione!
      Combattenti!
      Voi siete venuti a Roma, ed è naturale, io oserei dire, fatale! Perché Roma è sempre, e domani e nei millenni, il cuore potente della nostra razza. È il simbolo imperituro della nostra vitalità di popolo. Chi tiene Roma, tiene la Nazione.
      Vi assicuro, o Commilitoni, che il mio Governo, nonostante le difficoltà aperte o larvate, terrà fede ai suoi impegni. È il Governo di Vittorio Veneto. Voi lo sentite e voi lo sapete; se non lo credeste, non sareste qui raccolti in questa piazza! Portate nelle vostre città, nei vostri paesi, nelle vostre case lontane, ma vicine al mio cuore, portate l'impressione gagliarda e formidabile di questa adunata.
      Tenete accesa la fiamma poiché quello che non è stato può essere: poiché se la vittoria fu mutilata una volta, non è detto che non possa essere mutilata un'altra volta. Io prendo atto della vostra promessa, del vostro giuramento. Conto su di voi come conto su tutti i buoni italiani, ma conto soprattutto su di voi, perché siete della mia generazione, perché siete usciti dal travaglio fangoso e sanguinoso della trincea, perché avete vissuto e lottato e sofferto, in cospetto della morte, perché avete compiuto il vostro dovere ed avete il diritto di rivendicare ciò che vi aspetta, non soltanto dal punto di vista materiale, ma anche dal punto di vista morale. È passato per sempre, io ve lo dico e ve lo giuro, il tempo in cui i combattenti reduci dalle trincee dovevano quasi vergognarsi; il tempo in cui si dava agli ufficiali il codardo consiglio di vestire in borghese, lutto ciò è sepolto. Non dovete dimenticare, e nessuno lo dimentichi, che sette mesi fa, 50.000 camicie nere, armate, vennero a Roma a seppellire il passato. Combattenti, commilitoni, eleviamo in cospetto del grande compagno ignoto il grido che riassume la nostra fede: Viva il Re! Viva l'Italia vittoriosa, intangibile, immortale!

(segue...)