(segue) La riforma elettorale
(15 luglio 1923)
[Inizio scritto]
Niente di più triste del
sacrificio inutile dei fratelli Bandiera! E quando voi pensate alla
tragedia di Carlo Pisacane, un brivido di commozione vi prende lo
spirito.
Io vorrei escludere che lo stesso
Giuseppe Mazzini possa essere inquadrato nella democrazia. I suoi
metodi non erano certamente democratici. Era un coerentissimo nel
fine; ma quante volte è stato incoerente e mutevole nei mezzi!
E Cavour? Io penso che
l'avvenimento che ha preparato realmente l'unità della Patria
sia stato la spedizione di Crimea, uno dei fatti più singolari
della storia. E lo ricordo, perché dimostra come e qualmente
nelle ore solenni la decisione è affidata al singolo, che deve
consultare soltanto la propria coscienza!
Quando il generale Dabormida
rifiutò di segnare il trattato di alleanza con la Francia e
l'Inghilterra, Cavour, la sera stessa del 10 gennaio 1855, lo firmò
senza consultare il Parlamento, senza consultare il Consiglio dei
Ministri, e soprattutto, a discrezione, senza porre condizioni di
sorta.
Fu un gesto di una temerità
che si potrebbe chiamare sublime. E lo stesso Cavour lo riconosceva
quando, scrivendo al Conte Oldofredi, diceva: «Ho assunto sul
mio capo una responsabilità tremenda. Non importa. Nasca
quello che deve nascere. La mia coscienza mi dice di avere adempiuto
ad un sacro dovere».
Avviene la discussione al
Parlamento subalpino quando già i soldati del piccolo e grande
Piemonte partivano o stavano per partire, e Angelo Brofferio, una
specie di Cavallotti dell'epoca, accusò Cavour di non avere un
preciso indirizzo politico. Vale veramente la pena che io rilegga
parte di questo discorso, perché ricorda assai da vicino i
discorsi che in questa settimana sono stati pronunciati in
quest'aula.
(segue...)
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