(segue) La riforma elettorale
(15 luglio 1923)
[Inizio scritto]

      Si possono vincere molte battaglie e si può perdere la guerra: e viceversa! Che cosa vi è successo? Avete avuto brillanti risultati tattici, ma poi non avete avuto il coraggio di intraprendere l'azione per raggiungere l'obbiettivo finale!
      Avete conquistato una quantità di comuni, di Provincie, di istituzioni alla periferia e non avete capito che tutto ciò era perfettamente inutile se, a un dato momento, non vi impadronivate del cervello e del cuore della Nazione, se cioè non avevate il coraggio di fare della strategia politica. Oggi il vostro turno è passato, e non fatevi delle illusioni: certe occasioni la storia le presenta una volta sola.
      Ma, per comprendere questa legge bisogna, onorevoli signori, tener conto di due fatti molto semplici, e sono questi: c'è stata una guerra, che ha spostato interessi, che ha modificato idee, che ha esasperato sentimenti, e c'è stata, se non vi dispiace e se non dispiace al mio amico Maffeo Pantaleoni, anche una rivoluzione. Non è necessario, per fare una rivoluzione, di inscenare tutta la coreografia delle rivoluzioni, di fare il grande dramma da arena.
      Noi abbiamo lasciato molti morti sulla strada di Roma, e naturalmente, ognuno che si faccia delle illusioni è uno stolto. Il potere lo abbiamo e lo teniamo. Lo difenderemo contro chiunque. Qui è la rivoluzione, in questa ferma volontà di mantenere il potere!
      E vengo adesso al lato positivo della discussione.
      Si parla di libertà. Bisogna avere il coraggio di dire che, quando si grida: «viva la libertà» si sottintende: «abbasso il Fascismo». Ma che cosa è questa libertà? Esiste la libertà? In fondo, è una categoria filosofico-morale. Ci sono le libertà: la libertà non è mai esistita! I socialisti l'hanno sempre rinnegata. La libertà di lavoro non l'avete mai ammessa. Avete legnato il crumiro, quando si presentava alle fabbriche e gli altri scioperavano.

(segue...)