(segue) La riforma elettorale
(15 luglio 1923)
[Inizio scritto]
Il Parlamento: si dice che
vogliamo abolire il Parlamento. No! Prima di tutto non sappiamo con
che cosa lo sostituiremmo. I Consigli così detti tecnici sono
ancora allo stato embrionale. Può darsi che rappresentino dei
principi di vita. Non si può mai essere dogmatici, espliciti,
in siffatte materie. Ma allo stato dei fatti sono dei tentativi. Può
darsi che in un secondo tempo accada di scaricare su questi Consigli
tecnici una parte del lavoro legislativo.
Ma, o signori, vi prego di
considerare che il Fascismo è elezionista. Fa le elezioni per
conquistare i comuni e le provincie, le ha fatte per mandare deputati
al Parlamento. Anzi, l'ho detto e lo ripeto, vuole fare del
Parlamento una cosa un po' più seria, se non solenne, vuole,
se fosse possibile, colmare quell'hiatus che esiste
innegabilmente fra Parlamento e Paese.
Signori! Bisogna seguire il
Fascismo, non dirò con intelletto d'amore, ma con intelletto
di comprensione. Bisogna non farsi delle illusioni.
Quante volte da quei banchi si è
detto che il Fascismo era un fenomeno transitorio! Voi lo vedeste: è
un fenomeno imponente che raccoglie, si può dire, a milioni i
suoi aderenti, è il Partito più grande di massa che sia
mai stato in Italia. Ha in sé delle forze vitali potentissime,
e siccome è diverso da tutti gli altri nella sua estensione,
nel suo organamento, nei suoi quadri, nella sua disciplina, non
sperate che la sua traiettoria sia rapida.
Proprio in questi giorni il
Fascismo è in un travaglio di profonda trasformazione. Voi
dite: «Quando diventerà saggio il Fascismo?».
Oh! io non desidero che lo diventi
troppo presto! Preferisco che continui per qualche tempo ancora come
oggi, sino a quando tutti saranno rassegnati al fatto compiuto, ad
avere la sua bella armatura e la sua bella anima guerriera.
(segue...)
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