(segue) La riforma elettorale
(15 luglio 1923)
[Inizio scritto]
Ma la libertà, o signori,
non deve convertirsi in licenza. Quella che si chiede è la
licenza, ma questa non la darò mai.
Voi potete, se volete, fare cortei
e processioni, e vi farò scortare, ma se pretendete di tirare
sassate contro i carabinieri o di passare da una strada dove non si
può passare, troverete lo Stato che si oppone e che fa fuoco.
Ma questa legge che ci affatica è,
veramente, un mostro? Vi dichiaro che se fosse un mostro, lo vorrei
consegnare subito ad un museo di teratologia o delle mostruosità
che dir si voglia.
Questa legge, della quale ho messo
le linee fondamentali, ma che poi è stata successivamente
elaborata dal mio amico onorevole Acerbo e rielaborata dalla
Commissione, non so se in bene o in male, è una creatura, e
come tutte le creature di questo mondo, ha le sue qualità e i
suoi difetti. Non bisogna condannarla in blocco, sarebbe un
gravissimo errore.
Voi dovete considerare, ve lo dico
con assoluta franchezza, che è una legge per noi. Ma accoglie
principi che sono ultra democratici. Accoglie il principio della
scheda di Stato, accoglie il principio del collegio nazionale che era
rivendicazione del socialismo, come ricordava testé Costantino
Lazzari, che è ammirevole, come sono ammirevoli tutte le
persone le quali rappresentano una specie di rudero spirituale della
vita.
Voi dite che si spersonalizza la
lotta. Voi dite che le elezioni si faranno nel tumulto; ma chi vi
dice che le elezioni siano vicine?
Il congegno è tale,
intanto, che garantisce una quota parte di posti alle minoranze. Io
credo che facendo le elezioni colla legge attuale, le minoranze
sarebbero forse più sacrificate.
Ad ogni modo la spersonalizzazione
della lotta toglie alla lotta stessa quel carattere di asprezza che
potrebbe preoccupare dal punto di vista dell'ordine pubblico. In
questo momento le elezioni fatte col collegio uninominale o anche
colla proporzionale condurrebbero certamente ad eccessi.
(segue...)
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