Al popolo di Torino
(24-25 ottobre 1923)


      Il 24 ottobre 1923 s'inaugurò in Torino, nell'atrio del Municipio, una lapide in memoria dei Caduti fascisti. In tale occasione il Duce pronunciò il seguente discorso:

      Signori!
      Torino non mi ha sorpreso perché io ero sicuro che Torino mi sarebbe venuta incontro con la sua anima solida, fierissima e devota: mi sarebbe venuta incontro non per onorare la mia persona. La mia persona passa in secondo ordine; io sono, come già dissi, un soldato fedele, un capo fedele alla consegna. Ma io credo che la manifestazione sia stata diretta al Governo che ho l'onore di presiedere e al movimento che ho creato, che ho educato e che educherò ancora fino a quando non sia diventato sempre migliore.
      Questo movimento, questo Partito ha assunto la terribile responsabilità del potere. Sulle spalle di pochi uomini pesa il destino di quaranta milioni di italiani. C'è da meditare, c'è da sentirsi un poco umili di fronte a tanta fatica e a tanta responsabilità, ma questo fremito e questa trepidazione che sono di tutti gli artieri, di tutti i patriotti, trovano compenso nella adesione sempre più vasta e sempre più profonda del popolo italiano.
      Dopo dodici mesi di governo, governo duro, governo anti-democratico, governo che non ha potuto ancora dare benefici tangibili al popolo italiano, dopo dodici mesi di questo governo, il popolo italiano è stretto attorno agli uomini del Governo e manifesta sempre più vivamente il suo consenso alle loro fatiche. Senza bisogno di ricorrere alla forza, c'è il consenso. E perché? Per una ragione molto semplice: noi non siamo degli ambiziosi, meno ancora dei vanitosi, meno ancora assumiamo pose di infallibili; siamo semplicemente degli uomini che lavorano, che si sono imposti una disciplina e perciò essi hanno il diritto di imporla a quelli che fossero recalcitranti.

(segue...)