(segue) Al popolo di Torino
(24-25 ottobre 1923)
[Inizio scritto]
Sono venuto a Torino per
dimostrare a questa città nobilissima la mia simpatia e la mia
ammirazione. Qui sono nati il Risorgimento e l'Italia libera e unita.
E voi non vi siete smarriti quando avete perduto la capitale, perché
avete sentito che la capitale d'Italia era ed è Roma. Ai fasti
della capitale avete sostituito le mille ciminiere delle vostre
fabbriche. Qui è la capitale dell'industria italiana; qui è
la città potente che lavora, che porta i prodotti della sua
industria in tutte le contrade del mondo.
Voglio insorgere anche in vostro
cospetto contro una calunnia che non so se sia più turpe o più
stupida: parlino i vostri 10.000 morti, per dire che Torino ha fatto
il suo compito, che Torino è stata fedele alle sue tradizioni.
Una voce. E sarà sempre!
Molte voci. Sì, sì!
Lo sarà sempre!
Mussolini. Parlino i fanti delle
vostre brigate, parlino gli alpini delle vostre montagne, parlino
coloro che hanno dato il sangue, che hanno dato la fede, il braccio
alla Patria. Ebbene, o torinesi, tutta l'Italia oggi ha ritrovato la
sua anima, tutta l'Italia oggi si raccoglie in uno spettacolo superbo
di disciplina nazionale. Guai a colui o a coloro che vorranno rompere
tale disciplina o corrompere l'anima del popolo con le stupidissime
fole. Contro costoro saremo inflessibili, severissimi e non daremo
loro tregua.
Non si creda che sotto questa
«redingote» non vi sia ancora la camicia nera. Tutti gli
avversari che lo credessero si attendano la più immediata e
energica smentita. Siamo un esercito in marcia che non si arresta,
che non si abbatte per insuccessi momentanei. Noi sentiamo che questo
Esercito ha la vostra simpatia. Come è stato vittorioso nelle
battaglie di ieri, sarà vittorioso nelle battaglie di domani.
Viva Torino! Viva il Re d'Italia!
(segue...)
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