(segue) Al popolo di Torino
(24-25 ottobre 1923)
[Inizio scritto]

      E soprattutto non pensate di potervi straniare dalla vita, dall'anima e dalla storia della Nazione. Anche se voi lo voleste non vi riuscireste, come non si può riuscire a rinnegare mai la propria madre. Lo vogliate o non lo vogliate, siamo tutti italiani a dobbiamo avere l'orgoglio di essere italiani non solo per le glorie del passato, nobilissime glorie, ma sulle quali non vogliamo vivere di rendita come dei signori degeneri e parassiti, ma soprattutto per questa Italia nuova che va sorgendo, che ha qui in questa vostra fabbrica raggiunto un primato europeo.
      Per questa Italia nuova io vi chiedo l'adempimento silenzioso del vostro dovere di operai e di cittadini. Solo con il lavoro e con la collaborazione fra tutti gli elementi della produzione si aumenterà il benessere individuale. Fuori di questo, io lo proclamo solennemente, fuori di questi limiti è la miseria individuale e la rovina della Nazione.
      Dopo di che io, che ho lavorato con le braccia e che vengo dal popolo e che ho questo orgoglio, dopo di che io vi saluto, non con la mentita simpatia dei demagoghi venditori di fumo, ma con la sincerità rude di un lavoratore, di un uomo che non vi vuole ingannare, di un uomo che imporrà a tutti la disciplina necessaria, agli amici soprattutto ed anche agli avversari.
      Ebbene, abbiatevi la manifestazione della mia simpatia più fraterna con l'augurio che il primato europeo e mondiale della vostra fabbrica non abbia mai a cessare.