(segue) Risposta a Primo de Rivera
(22 novembre 1923)
[Inizio scritto]

      Vi dichiaro, signor Presidente, che io sono ottimista per quello che riguarda la solidità e la durata del Vostro Governo. Quello che accade a Voi è accaduto anche a noi nei primi tempi: quattro politicanti disoccupati e melanconici aspettavano dalla mattina alla sera il tramonto del mio Governo. Si tratta di durare giorno per giorno, mese per mese, anno per anno, come abbiamo durato noi e come dureremo. Così voi durerete dal momento che il Vostro Governo rispondeva ad un bisogno intimamente sentito da tutta la parte migliore del Vostro popolo.
      Fra Spagna e Italia si può oggi veramente parlare di una fraternità latina, e questo viaggio è destinato a rafforzarla sempre più solidamente. Tutti i popoli latini hanno avuto nella loro storia delle soste, ma poi si è ripresa la marcia. Gli è che le razze bagnate dal Mediterraneo hanno germi inesauribili di vitalità.
      Signor Presidente!
      Voi avete conosciuto Roma immortale: ma fra qualche giorno vedrete altre città italiane ed avrete anche a Firenze, a Bologna, a Napoli la sensazione esatta della forza invincibile del Fascismo e dell'enorme consenso che esso raccoglie in tutti gli strati della popolazione.
      Permettetemi, salutando Voi, signor Presidente, di ricordare i Vostri Sovrani, i Vostri colleghi del Direttorio e di levare in alto i nostri gagliardetti bagnati di sangue in onore di tutto il popolo spagnolo che si avvia fieramente a riprendere il suo posto nella vita e nella storia europea.