(segue) Le relazioni con la Russia
(30 novembre 1923)
[Inizio scritto]

      Non dico e non posso dire che questa conclusione sarà sollecita, perché, vi ripeto, ci sono delle difficoltà di ordine obiettivo inerenti alla situazione generale ed anche alla diversità, sia pure oggi attenuata, delle due economie. Ma il Governo italiano ha la buona volontà di concludere, e, se è vero quello che si è detto da quella parte della Camera che uguale volontà è anche dalla parte dei russi, non vi è dubbio che anche il trattato di commercio italo-russo sarà rapidamente concluso.
      Interrompendo un oratore che mi parlava della ricostruzione dell'Europa, ho detto che bisognava cominciare dall'Italia. Mi sono ricordato di una frase di uno degli autori che formò un po' la mia mentalità, parlo di Giorgio Sorel, il quale diceva che prima di interessarsi delle dogane della Cina, si interessava dell'octroi di Parigi.
      Ma tutta la politica fatta dal Governo fascista, pur partendo da criteri di utilità nazionale, contribuisce anche a realizzare questo scopo generale di ricostruzione europea. Perché si fanno dei trattati di commercio? Appunto per ristabilire quel tessuto di relazioni economiche che la guerra e le crisi del dopoguerra hanno più o meno profondamente lacerato.
      Le due economie, la economia italiana da una parte e la economia russa dall'altra, sono destinate a completarsi.
      L'Italia per necessità di cose va verso un potente sviluppo industriale. Chiusa la parentesi jugoslava, io credo che abbiamo le strade aperte, anche d'ordine continentale, verso il Sud Oriente europeo. Stabiliti dei rapporti di normalità con la Russia, avremo aperte le grandi strade del mare.
      Ciò, io penso, sarà nell'interesse dei due Paesi.