(segue) Per il Consiglio di Stato
(15 gennaio 1924)
[Inizio scritto]
Le riforme che il Governo ha avuto
l'onore di sottoporre all'augusta firma di S. M. il Re, sono adeguate
appunto a questi principi.
Ma il Governo, a cui è
preposta la ricostruzione di uno Stato forte e capace nell'organismo
e pronto ed efficace nell'azione, non è rimasto insensibile al
bisogno, generalmente sentito, di un riordinamento dell'altra
elevatissima funzione del Consiglio, che è quella della
giustizia amministrativa.
Gravi erano i problemi, che su
questo argomento agitavano la dottrina e la giurisprudenza, dopo che
l'una e l'altra riconobbero indole giurisdizionale alla nuova forma
di giustizia nella amministrazione instaurata da Francesco Crispi e
da Silvio Spaventa.
Si voleva un tribunale supremo
amministrativo. Ma data l'indole speciale di giustizia che esso deve
rendere, non è possibile concepirlo come organo separato ed
estraneo all'amministrazione, senza menomare o indebolire la libertà
e la responsabilità del potere esecutivo.
La riforma, testé
deliberata, risolve l'arduo problema, unificando la competenza delle
sue sezioni giurisdizionali, e formando di esse l'invocato tribunale
supremo, che è lo stesso Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale.
Era anche grave il disagio, nel
quale si svolgeva la funzione di giustizia amministrativa per
l'attrito prodotto dal concorso della giurisdizione amministrativa e
di quella giudiziaria nella revisione, pur sotto diversi aspetti,
dello stesso atto amministrativo. Quest'altro grave problema, la
riforma ha cautamente risolto, rispettando i principi fondamentali
dell'ordinamento giurisdizionale generale, ma introducendo in pari
tempo le deroghe strettamente necessarie per dare alla giurisdizione
amministrativa quella pratica efficienza che le leggi precedenti non
interamente le consentivano, con risultato, anche di semplificazione,
di acceleramento e di economia dei giudizi.
(segue...)
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