La missione della stampa
(27 gennaio 1924)
Per
l'inaugurazione del Congresso del Sindacato Nazionale della Stampa,
il 27 gennaio 1924, in Roma, in risposta al discorso del Presidente
del Comitato Ordinatore, On. Roberto Forges Davanzati.
Colleghi! Signori!
Vi parlo non come Capo del
Governo, ma come giornalista che ha vissuto tutta la gamma delle
emozioni giornalistiche, che ha vissuto tutte quelle che si chiamano
le battaglie giornalistiche, che ha conosciuto la trepidazione di
leggere attentamente la «piccola posta» per sapere se
l'articolo sarebbe stato o no pubblicato, che ha conosciuto anche il
grande orgoglio di sentire che attorno ad un giornale si scatenavano
le grandi e nobili passioni di un intero popolo.
Ben fate a giustiziare certo
professionalismo amorfo, ambiguo, senza spina dorsale, mortificatore
dello spirito. Le idee non sono dei cappelli che si appendono
nell'anticamera. Non si può dire: «io entro qui e non ho
più le mie idee». Le idee sono la parte essenziale della
vita di un uomo e quel professionalismo che intendeva di annullarle,
in realtà lo faceva, perché, come abbiamo visto, il
professionalismo era una specie di passaporto e di maschera per poter
compiere al riparo un'azione di sabotaggio e di disgregazione. Basta
di questo professionalismo, che è indegno di uomini veramente
liberi.
Voi costituite un Sindacato della
Stampa. Farete bene a mettere nel vostro Sindacato quelli che sono i
collaboratori più diretti del giornale: gli operai tipografi.
Così la famiglia è perfetta. I rapporti fra giornalisti
ed operai sono sempre corretti, cordiali, fraterni: bisogna renderli
ancor più fraterni. Bisogna chiamare questi operai, elevarli,
renderli partecipi delle nostre battaglie e del nostro destino.
Certamente, fra tutti quelli che
si possono chiamare i prodigi della nostra civiltà, forse
troppo meccanica, il giornale tiene il primo posto. Il giornale è
in realtà lo specchio del mondo. Sul giornale, come sopra una
grande strada, passa tutto quello che accade nel vasto genere umano:
dalla politica altissima al fattaccio di cronaca. È quindi
bene ripetere che la cosiddetta «libertà di stampa»
non è soltanto un diritto: è un dovere! È bene
ripetere che oggi una semplice notizia di un giornale può
essere apportatrice di danni incalcolabili alla Nazione, sia essa
vera, sia essa tendenziosa. Se si vuole, come si vuole, che il
giornalismo sia una missione, ebbene, ogni missione è
accompagnata irrevocabilmente da un senso altissimo di
responsabilità. Al di fuori di qui non c'è missione, ma
c'è mestiere.
(segue...)
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