(segue) Per la cittadinanza di Roma
(21 aprile 1924)
[Inizio scritto]
Altro elemento di mistero, nella
storia di Roma, la tragedia di Cristo, che a Roma trova la sua
consacrazione, nuovamente universale e imperiale. Crolla l'impero, i
barbari valicano le Alpi, passano e ripassano lungo la penisola
devastandola. Roma ridiventa un villaggio di appena diciassettemila
anime che si aggruppano disperatamente ai ruderi, che tengono vivo il
nome, poiché il nome di Roma è immortale: la nave che
fu lanciata «ver l'imperio del mondo», emerse ancora sui
flutti delle età oscure, attendendo le luminose ore che
verranno: ecco Dante e la Rinascenza, ecco Roma giganteggiare ancora
e sempre nello spirito dei popoli.
L'Italia è ancora per
secoli divisa, ma Roma è la Capitale predestinata: è
l'unica città d'Italia e del mondo che abbia una storia
universale.
Nel Risorgimento si grida: «Roma
o Morte!» È il grido che sale dalle profondità
della stirpe, che in Roma e solo in Roma si riconosce: è il
grido che sarà ripreso, dopo Vittorio Veneto, dalle
generazioni delle trincee, che spezzano definitivamente ogni
inciampo, disperdono ogni equivoco, frantumano i residui orgogli di
un localismo, retaggio di età ingrate, e innalzano a Roma un
altare splendente nel cuore di tutto un popolo e del Natale di Roma
fanno il Natale della Nazione, che lavora e cammina.
Ecco che il Fascismo si trova di
fronte al problema della Capitale. I problemi di Roma, la Roma di
questo XX secolo, mi piace dividerli in due categorie: i problemi
della necessità e i problemi della grandezza. Non si possono
affrontare questi ultimi, se i primi non siano stati risoluti. I
problemi della necessità sgorgano dallo sviluppo di Roma e si
racchiudono in questo binomio: case e comunicazioni. I problemi della
grandezza sono d'altra specie: bisogna liberare dalle deturpazioni
mediocri tutta la Roma antica, ma accanto alla antica e alla
medioevale, bisogna creare la monumentale Roma del XX secolo. Roma
non può, non deve essere soltanto una città moderna,
nel senso ormai banale della parola; dev'essere una città
degna della sua gloria e questa gloria deve rinnovare incessantemente
per tramandarla, come retaggio dell'età fascista, alle
generazioni che verranno.
(segue...)
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