Alfredo Oriani
(27 aprile 1924)
Nel grigio periodo
della Terza Italia - quando l'atmosfera politica sembrava aver
annientato lo spirito volitivo ed eroico del Risorgimento - solo
pochi isolati avevano saputo reagire e presentire i tempi nuovi. Fra
questi - con Carducci e Crispi - fu lo scrittore romagnolo Alfredo
Oriani (1885-1909), pensatore politico, critico, romanziere, poeta.
Disdegnoso di quel facile successo che si ottiene con le transazioni
e le indulgenze, si ritrasse in solitudine nella sua villa al
Cardello presso Casola Valsenio (Faenza) e lanciò alla Nazione
il suo monito e il suo preannunzio. Fu ascoltato da pochi; lo si
lasciò morire fra l'indifferenza e il disconoscimento. Ma il
Duce volle rendere giustizia all'Uomo della sua terra che aveva
preferito l'insuccesso e la solitudine ai facili lenocinii della
politica e della pseudo-letteratura dominanti. E lo celebrò
con una Marcia di Fascisti al Cardello, avvenuta il 27 aprile 1924.
In tale occasione Egli pronunziò il seguente discorso, che
oggi serve di prefazione alle Opera Omnia di Alfredo Oriani,
pubblicate sotto gli auspici del Capo del Governo:
Siamo venuti noi che apparteniamo
alla generazione di Alfredo Oriani a rendergli il nostro reverente
omaggio. Si dirà dai nostri avversari, da quelli che
appartengono all'Italia paralitica, che noi celebriamo i nostri eroi
marciando lungo le grandi strade. È appunto questa la
caratteristica delle nuove generazioni: quella di marciare; di essere
sempre pronti a marciare: di non sostare se non per il tempo
strettamente necessario, a precisare le mete per più
rapidamente raggiungerle.
I soliti pedanti che sono incapaci
della sintesi e si perdono troppo spesso nelle analisi, hanno
domandato se noi fascisti avessimo le carte in regola per commemorare
il grandissimo Oriani. Il fatto che il figlio di Alfredo Oriani
indossi la camicia nera è la risposta più eloquente che
si possa dare ai nostri avversari di tutti i colori.
(segue...)
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