Preludio al Machiavelli
(30 aprile 1924)
Alla lotta e al
lavoro politico il Duce continuava ad alternare lo studio. Volle
conseguire la laurea in Legge, non ad honorem ma con la presentazione
di una tesi di laurea. Scelse come tema il Machiavelli, il massimo
pensatore politico italiano, troppo spesso misconosciuto e deformato,
in buona o in mala fede, dalla critica italiana e straniera. E alla
sua tesi premise questo «Preludio», che fu pubblicato
dalla rivista «Gerarchia» alla fine d'aprile del 1924.
Accadde che un giorno mi fu
annunciato da Imola — dalle legioni nere di Imola — il
dono di una spada con inciso il motto di Machiavelli «Cum
parole non si mantengono li Stati». Ciò troncò
gli indugi e determinò senz'altro la scelta del tema che oggi
sottopongo ai vostri suffragi. Potrei chiamarlo «Commento
dell'anno 1924, al "Principe" di Machiavelli», al
libro che io vorrei chiamare: «Vademecum per l'uomo di
governo». Debbo inoltre, per debito di onestà
intellettuale, aggiungere che questo mio lavoro ha una scarsa
bibliografia, come si vedrà in seguito. Ho riletto
attentamente il Principe e il resto delle opere del grande
Segretario, ma mi è mancato tempo e volontà per leggere
tutto ciò che si è scritto in Italia e nel mondo su
Machiavelli. Ho voluto mettere il minor numero possibile di
intermediari vecchi e nuovi, italiani e stranieri, tra il Machiavelli
e me, per non guastare la presa di contatto diretta fra la sua
dottrina e la mia vita vissuta, fra le sue e le mie osservazioni di
uomini e cose, fra la sua e la mia pratica di governo.
Quella che mi onoro di leggervi
non è quindi una fredda dissertazione scolastica, irta di
citazioni altrui, è piuttosto un dramma, se può
considerarsi, come io credo, in un certo senso drammatico il
tentativo di gettare il ponte dello spirito sull'abisso delle
generazioni e degli eventi.
(segue...)
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