(segue) Al popolo di Catania
(11 maggio 1924)
[Inizio scritto]
Credo di interpretare il vostro
pensiero, e soprattutto il pensiero delle Camicie Nere, di quanti
militano audacemente sotto i gagliardetti del Littorio, gridando
ancora una volta, davanti a questa adunata di popolo, che la marcia
su Roma è un fatto compiuto e irrevocabile! E che la vecchia
Italia è veramente sepolta per sempre!
E del resto, vorresti tu, o popolo
di Catania, ritornare a quei tempi? Vorresti forse ricominciare lo
stile della bassa politica di tutti i giorni? Senza luce d'ideale?
Ebbene, vorrei che l'urlo possente di questa moltitudine giungesse a
coloro che sono sordi perché non vogliono sentire, che sono
ciechi perché non vogliono vedere; e che vivono di gramissime
illusioni, delle quali farà giustizia la nostra volontà
e la storia italiana.
Popolo di Catania! Tu senti che
l'atmosfera è cambiata; tu senti che i giorni delle
umiliazioni sono passati; tu senti — perché sei un
popolo di lunga e gloriosa civiltà — senti che oggi lo
stile è nuovo; tu senti ancora che è di gran lunga
migliorata la posizione dell'Italia nel mondo! Non ci vergogniamo più
di essere italiani: abbiamo l'orgoglio! Abbiamo l'orgoglio, o
concittadini, di essere italiani e di appartenere a questo popolo,
che ha trenta secoli di civiltà, che era grande quando là
non erano ancora nati: questo popolo, che ha dato per ben tre volte
al mondo attonito il sigillo della sua potente civiltà; questo
popolo che oggi vive composto, disciplinato, ordinato, ha
un'esperienza storica di incalcolabile valore, poiché si
tratta di scegliere, o concittadini, o popolo di Catania, si tratta
di scegliere fra le teorie brumose, antivitali, antistoriche, e il
nostro quadrato, romano spirito latino che si rende conto di tutta la
realtà, che affronta la vita come un combattimento, e che è
disposto a morire quando l'idea chiama e la grande campana della
storia batte!
(segue...)
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