(segue) Per le Associazioni Artistiche
(20 maggio 1924)
[Inizio scritto]
Per secoli l'arte fu la stessa
Patria a traverso le diverse scuole di Firenze, di Venezia, di
Ferrara, di Roma, di Bologna, di Napoli, che portavano ancora una
volta nel mondo il nome d'Italia.
È l'arte che ha raccolto la
leggenda, la storia, il mistero cristiano e li ha rivestiti di
bellezza. Divisa l'Italia in Stati minuscoli uno contro l'altro
armati, i nostri predecessori le hanno dato grandezza con opere che
toccano il divino. Fu nell'arte che gli italiani si sentirono e si
ritrovarono fratelli, fu per mezzo dell'arte che la nostra gente
dalle molte vite disse la sua parola destinata a rimanere eterna nel
mondo dello spirito.
Signori!
Se in ogni movimento di
rinnovazione politica è un riflesso estetico e artistico, noi
sentiamo che questo riflesso è soprattutto presente e vivace
in quello che abbiamo attuato non per infeconda brama di potere, ma
per restituire al popolo italiano il suo stile. Lo stile, che è
la caratteristica eterna e luminosa della stirpe, che non soltanto
darà agli uomini le norme per edificare le città
future, ma le savie e giuste leggi necessarie alla civile armonia.
Tutti gli istituti d'arte, dai
teatri al museo, dalla galleria all'accademia, debbono essere
considerati come scuole, come luoghi, cioè, destinati non alla
sola coltura e molto meno alla curiosità, ma preparati per
educare il gusto e la sensibilità, per alimentare
l'immaginazione, per tenere desta la meraviglia, per raffinare tutte
le doti più alte e potenti dell'anima.
Così l'arte, sottratta ad
esercitazioni troppo cerebraliste e pedanti o a speculazioni troppo
mercantili e portata a contatto delle moltitudini, che ad essa come
alla religione domandano un sovrumano conforto, costituirà una
delle fonti perenni di vita per il popolo italiano.
(segue...)
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