(segue) Al Consiglio Nazionale delle Corporazioni
(22 maggio 1924)
[Inizio scritto]
Per fare la collaborazione di
classe bisogna essere in due; bisogna che essa sia fatta con spirito
di assoluta lealtà e da una parte e dall'altra. Perché
altrimenti può accadere che sotto la specie nazionale si
compia realmente opera antinazionale. Sono stato io a insistere
presso Rossoni, che è l'anima del vostro movimento, ad
insistere presso di lui sulla necessità che non si peggiorino
le condizioni della massa operaia industriale, non solo, ma che,
laddove le condizioni dell'industria lo consentono, esse siano
migliorate.
È troppo presto per dare un
giudizio assoluto sulla ripresa industriale italiana: ci sono
industrie che non hanno ancora superato il punto massimo della crisi,
ma ve ne sono altre che questo punto hanno già superato. Ci
sono delle industrie che realizzano già degli utili abbastanza
notevoli. E perché? Perché la massa lavora di più.
Secondo le confessioni dei grandi capitani di industria, oggi si è
ritornati alla quantità di lavoro dell'anteguerra non solo, ma
si è quasi ovunque ritornati alla stessa qualità di
prima. È certo che i datori di lavoro utilizzano lo stato di
pace sociale instaurato dal Governo fascista.
Affermo con piena cognizione di
causa e con coscienza tranquilla che gran parte delle industrie
italiane non solo non sono forzate a peggiorare le sorti di coloro
che contribuiscono alla elevazione della industria, ma sono in
condizioni di migliorarle. Solo così la collaborazione di
classe diventa una cosa seria.
Vedo nel vostro ordine del giorno
problemi che non possono essere affrontati senza una discussione
piuttosto meticolosa. Ma, se mi è concesso di esprimere il mio
parere, opino che sia opportuna la istituzione del grande palazzo
delle Corporazioni in Roma; ritengo sia necessaria anche la
fondazione di un quotidiano che rechi giornalmente la documentazione
dell'attività corporativa del sindacalismo fascista.
(segue...)
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