(segue) Luce, concordia e giustizia
(24 giugno 1924)
[Inizio scritto]
Non v'è dubbio che il mio
discorso aveva forse stabilito i termini di quella possibilità
di convivenza, necessaria al regolare funzionamento del Parlamento,
mentre nel Paese si era diffusa la sensazione che un nuovo periodo di
pace e di tranquillità assoluta stava per iniziarsi. Dei
risultati di questa mia politica come Capo del Governo rivendico
intera la responsabilità. Solo a me era concesso, non senza
dura fatica, di esercitarla nella mia qualità di Capo del
Partito. Tali risultati sono stati, io penso, non annullati, ma
soltanto interrotti, dall'episodio tragico che è costato la
vita all'onorevole Matteotti.
Il mio successore all'Interno sta
a garantire che su quella linea si continuerà a marciare. Apro
una breve parentesi per attestare la mia piena fiducia personale e
politica nell'on. Federzoni. E poiché la verità va
detta, si sappia che sono io che l'ho proposto a quell'ufficio. Non
altri.
Mentre vi parlo la situazione
politica è straordinariamente delicata e può essere
prospettata nei termini seguenti. Da una parte le opposizioni, unite
negli scopi immediati, divise nei metodi e nei fini mediati. Nel
blocco delle opposizioni non ci sono più i comunisti, i quali
hanno logicamente cercato di approfittare dell'episodio sciagurato
per incitare le masse allo sciopero generale e instaurare la
dittatura degli operai e dei contadini. Lo sciopero non c'è
stato. Le masse hanno respinto le suggestioni comuniste. Il ritmo del
lavoro non è stato turbato, se non in pochissime località
e limitatamente a poche ore del lunedì sedici.
Credo che il Senato sarà
d'accordo con me nel tributare un plauso al laborioso e ordinato
popolo italiano.
I repubblicani affacciano ancora
una volta la richiesta della Costituente, richiesta assurda che non
ha nessuna giustificazione politica, e meno ancora storica, a mezzo
secolo di distanza dai Plebisciti.
(segue...)
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