(segue) Luce, concordia e giustizia
(24 giugno 1924)
[Inizio scritto]
Mentre i democratici
dell'opposizione costituzionale tendono a straniarsi dal blocco
perché non ritengono opportuno assumere le responsabilità
oltranziste, i socialisti massimalisti, gli unitari, i repubblicani,
i popolari e gli altri elementi minori affacciano un complesso di
assurde pretese che mirerebbero ad una specie di colpo di Stato
nell'intento di annullare il suffragio del 6 aprile.
Riesce assai difficile contestare
che, a lato del dolore e dell'orrore legittimo e umano, non si stia
innestando una speculazione politica sulla tragedia.
Ora, alle richieste affacciate più
o meno ufficiosamente e pubblicamente dal blocco delle opposizioni,
io rispondo prima di tutto che il Governo deve restare al suo posto.
Questo non esclude che dovrà trasformarsi, modificare la sua
compagine, per renderla sempre meglio adatta al raggiungimento di
quegli scopi di pacificazione nazionale da me chiaramente e
ripetutamente indicati.
Io ho creato nell'ottobre 1922 una
determinata situazione politica che ha evitato alla Nazione pericoli
estremi. Ho il dovere di continuare a svolgere la mia azione su
quelle direttive.
Non si tratta di restare al
potere, che mi ha dato gravi preoccupazioni e molte amarezze; ma mi
considererei l'ultimo degli uomini se evadessi, specie in un momento
difficile all'interno e sotto una specie di pressione ambigua che
viene anche dall'estero, da questa mia precisa morale e politica
responsabilità.
Quanto alla Milizia, a proposito
della quale si emettono giudizi superficiali, non si può
pensare a scioglierla. Essa è ormai solidamente inquadrata e
disciplinata. Si deve arrivare alla sua sistemazione nella
Costituzione con compiti che saranno utilissimi ai fini della
preparazione militare generale del paese. Gli studi sono già a
buon punto.
(segue...)
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