(segue) «Indietro non si torna»
(22 luglio 1924)
[Inizio scritto]

      La normalizzazione significa forse il processo al regime? Allora noi rispondiamo che il regime non si fa processare se non dalla storia.
      In realtà, fuori dai torbidi equivoci e dalle oblique restrizioni mentali, si sa ormai che cosa intendono per normalizzazione gli oppositori. Intendono un'azione antifascista. Essi stabiliscono l'equazione «normalità: antifascismo». È chiaro allora che, posto in questi termini, non esiste più un problema di normalizzazione, ma un problema di forza tra Fascismo e antifascismo. Se l'antifascismo è normalizzatore, il Fascismo non può non essere, per ovvie ragioni di vita, che antinormalizzatore.
      La normalizzazione, in ciò che essa concretamente significa, può ormai dirsi un fatto compiuto. È dunque evidente che antinormalizzatori sono precisamente gli antifascisti. E questo comincia chiaramente ad intendere il popolo italiano. Insomma, per certi signori, la normalizzazione dovrebbe consistere in una volontaria abdicazione del Fascismo agli attributi della sua virilità. Del resto, Partito e Governo procedono sulla via dell'unica normalizzazione possibile: quella fascista.
      Argomento di viva discussione è la Milizia. Giova notare che sino al giugno non parve esistere un problema della Milizia se non per il Fascismo. Voi ricordate che il Sovrano la costituzionalizzò nel suo messaggio della Corona al Parlamento.
      È solo dopo l'assassinio di Matteotti che il problema della Milizia balza al primo piano. Può sembrare strano agli allocchi, ma è semplicissimo. Le opposizioni dell'estrema sinistra hanno chiesto lo scioglimento immediato della Milizia, come se fosse la Guardia regia. Le altre chiedono che essa perda il suo carattere di partito. Conviene precisare una volta per tutte.
      Il problema della Milizia è semplice, quando nell'esaminarlo esiste la buona fede e non si dimentica il passato. Chi sia tentato o di sapere come è nata o come si è sviluppata e trasformata la Milizia, può andare a rileggere le decisioni del Gran Consiglio nelle sessioni del 1923.

(segue...)