(segue) «Indietro non si torna»
(22 luglio 1924)
[Inizio scritto]
Così stando le cose, il
Fascismo può restare tranquillissimo, colle armi al piede. La
situazione migliorerà tanto più rapidamente quanto
maggiore sarà la disciplina assolutamente legalitaria del
Partito fascista. Ogni illegalità del pari rapidamente
scomparirà. Il Partito fascista è il più forte e
può quindi attendere con minori preoccupazioni, minori
impazienze dei suoi avversari. «Mani in tasca» potrebbe
essere la parola d'ordine del momento attuale.
Dichiaro che io non ho ben capito
ancora dove i revisionisti vogliono andare a parare. Bisognerebbe che
questi nostri amici specificassero. Si tratta di una ricaduta nello
Stato democratico-liberale, con tutti gli annessi e connessi? Si
vuole invece rivedere i quadri o i gregari? O si vuole — come
sembrerebbe logico — rivedere le posizioni mentali e politiche
del Fascismo, per adeguarle alla nuova realtà, cioè al
possesso del potere politico?
In questo ultimo caso il
revisionismo avrebbe una reale utilità. È evidente che,
assunto il potere, bisogna diventare legalitari e non continuare ad
essere dei «ribellisti». L'insurrezione non è un
fine, è un mezzo. Oppure il revisionismo vuol ridurci ad un
riesame delle nostre posizioni programmatiche? Il revisionismo,
insomma, è una porta sul futuro o è un ritorno al
passato? Ho allineato degl'interrogativi, che pongono il problema.
Quanto all'estremismo fascista,
esso non esiste, se non come stato d'animo. Si tratta di uno stato
vicino alla gelosia. C'è sempre qualcuno che teme, che
sospetta, che trepida, che sta continuamente sul «chi vive».
In fondo anche questo stato d'animo insonne è necessario, come
elemento compensativo delle altre tendenze al quieto vivere e al
compromesso.
(segue...)
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