(segue) «Indietro non si torna»
(22 luglio 1924)
[Inizio scritto]

      Se mai fosse concesso di anticipare, io credo che il nuovo governo dovrà agire sul Partito inflessibilmente, per migliorarlo e renderlo idoneo alle nuove necessità. Non solo bisogna liberarsi dai fannulloni, dai profittatori, dai violenti senza scopo; ma bisogna che tutto il Partito si raccolga in una disciplina più severa, meno formale, più alacre, più attiva, meno facile a quelle esteriorità che, ripetendosi, stancano e diventano convenzionali.
      Anche la necessaria intransigenza deve essere intelligente. La fascistizzazione dell'Italia deve avvenire, ma non può essere forzata. Sarebbe illusorio.
      Vorrei che si creasse, pur conservando la Corte di disciplina per i dissidi personali, anche un organo superiore, insospettabile per il controllo sull'attività politica e privata dei dirigenti del Partito. Non mi dispiacerebbe che il capo di questo organo fosse un estraneo al Partito.
      Il Partito può battere l'opposizione anche semplicemente ignorandola. Ma per ignorare le opposizioni, non bisogna ignorare il popolo italiano cioè i famosi 39 milioni d'italiani che non hanno la tessera particolare. Qui l'azione deve essere combinata e coordinata tra i quattro strumenti dell'azione fascista, e cioè: Governo, comuni, partito, corporazioni.
      Deve agire in primo luogo il Governo. Ho detto ad esempio al neo Ministro dei LL. PP. che egli dovrebbe quasi trascurare l'Italia da Roma in su. Dovrebbe avere occhi, orecchi e fondi soltanto per l'Italia meridionale e le isole, dove talune condizioni di vita sociale sono forse in arretrato di mezzo secolo.
      Il Partito deve agire nei suoi cinquemila comuni, facendo della buona, della saggia, dell'onesta amministrazione.
      Finalmente io assegno un grande compito al sindacalismo fascista. Esso deve: 1°) elaborare quegli istituti mediante i quali la corporazione dovrà essere riconosciuta giuridicamente e innalzata come una forza dello Stato; 2°) elevare le condizioni morali della gente che lavora in modo da renderla sempre più aderente alla vita della Nazione; 3°) effettuare la collaborazione in un senso attivo, cioè nel senso che una quota parte del profitto vada a beneficio di coloro che hanno contribuito a realizzarlo. Le classi industriali devono rendersi conto di questo loro dovere, che, praticato in tempo, si identifica colla saggia tutela del loro interesse.

(segue...)